Gli Amari nascono nel 1997.
Nascono dall’idea malsana di Pasta e Dariella di vedere cosa potevano ricavare dall’hip hop se lo tormentavano un po’. Con un campionatore e parecchio spleen adolescenziale, i due iniziano una gavetta fatta di cassettine e concerti: funziona, si fanno un po’ conoscere e stringono amicizia con i 21, con i quali nel 1999 pubblicano “Il Contingente”, sguardo cattivello sull’hip hop.
Ma i due non ce la fanno ad accontentarsi, e introducono nella band Cero, bassista convinto di suonare il violino e, dall’esperienza del Contingente, recuperano il dj H.C.Rebel. Così, a quattro, ricominciano a fare altro. Ne viene fuori un miscuglio di rock, psichedelia, hip hop deviato il tutto spacciato per semplice rap.
Vincono ArezzoWave del 2000 e suonano tra le band emergenti al festival a luglio. Ad agosto pubblicano su Riotmaker il frutto di questo anno di sound, “Corporali”: si scopre che dentro c’è l’elettronica e pure il post-rock, ed un sacco di gastrite. Lo staff di ArezzoWave decide di prenderli sotto la propria ala e li riporta in studio per pubblicare nuovo materiale.
Si parte nel 2001 con “Guida Verde e.p.”, tre brani che fanno ricordare agli Amari che sanno anche scrivere canzoni pop, e si continua con la conferma l’anno successivo di questa teoria tramite la pubblicazione di “Apotheke”, nove brani con tanti tanti ritornelli. E oltre al rap spuntano le chitarre.
E poi,come sempre, ancora concerti. E la banda non ce la fa più a sentirsi così sola: decide di chiamare altri amici sul palco. Arrivano Marcopiano alle chitarre e tastiere e Carletto Barackus alla batteria. E i live degli Amari diventano indie-rock.
Ma il rap? Torna nel 2003 nel loro album più sperimentale, “Gamera”. Un miscuglio forsennato di schegge, schizzi, spruzzi di qualsiasi cosa. Il disco ottiene un ottimo successo di critica e pubblico, alimentato da parecchie date in giro per lo stivale.
27 settembre 2005: gli Amari pubblicano il loro disco più ambizioso, “Grand Master Mogol”, un insieme perfetto di melodie pop e sperimentazioni che piacciono tanto a gente magra con gli occhiali. Un disco così fastidiosamente piacevole ed emozionante che quasi ci preoccupa farlo sentire alla gente.
RECENSIONI
Grand Master Mogol non è un disco perfetto ma quasi. Questo degli Amari è un album che fa bene alla musica in generale e soprattutto a quanti si sono rassegnati alla logica compilativi piuttosto che creativa. …Gran Master Mogol è un album fragoroso che fa il punto sulla carriera di questi adorabili cazzoni friulani e lancia un bengala di speranza e stile a tutte le cantine d'italia dove spesso idee e talento stentano a farsi strada. (Rumore 10/2005)
Basta fare un giro tra la comunità degli indie bloggers italiani per rendersi conto che gli Amari sono già una band di culto, così come lo è la loro etichetta personale Riotmaker. Gli Amari arrivano oggi al loro disco piu maturo, equilibrato e maturo, dopo quel geniale ma discontinuo "Gamera" di due anni fa, che ci aveva fatto intravedere grandi cose per il futuro di questa scanzonata combriccola di friulani. Genere? Tra Battisti, Antipop Consortium e Notwist: può bastare? Detta come va detta: Gli Amari sono la musica italiana nel 2005. (Rockerilla 10/2005)
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