I Blake/e/e/e nascono nel 2007 dalle ceneri dei Franklin Delano, band post-folk con all’attivo 3 album e con alle spalle due tour americani e centinaia di concerti in tutta Italia.
La nuova band di Paolo Iocca e Marcella Riccardi rispetto ai FD risulta più libera e audace nell’esplorazione stilistica, riuscendo a coniugare un certo weird folk con episodi post punk, dub e disco.
Paolo Iocca e Marcella Riccardi dell’esperienza dei FD si portano in dote un suono di matrice country, folk e rock, ma soprattutto una maturità che consente loro di giocare con i modelli americani di riferimento con una credibilità e una confidenza più unica che rara nel panorama italiano.
Il titolo del disco di debutto, “Border Radio”, descrive al meglio il nuovo sound. Le melodie vocali, punto forte dei FD, diventano qui più sperimentali, toccando registri e tecniche particolari, al limite del throat singing e del falsetto.
Anche i testi diventano stringati ed evocativi, sfuggendo alla tentazione dello storytelling. L’utilizzo sempre più rarefatto di chitarre e batterie, a vantaggio di basso, organo, banjo, mandolino, derbouka e batterie elettroniche rende il disco secco e minimale.
Con i Blake/e/e/e siamo davanti sicuramente ad una delle più belle pagine della musica indipendente italiana degli ultimi anni per attitudine al sincretismo sonoro.
Recensioni
Del percorso che ha portato Paolo Iocca e Marcella Riccardi ad accantonare i Franklin Delano si è detto in sede di Sonatine. Ora il proscenio è per i Blake/E/E/E e per "Border radio", che arriva in Italia dopo la partenza americana: della band di "Like a smoking gun in front of me" permane la tensione a sperimentare in più direzioni, anche contrastanti tra loro, e a dilatare i suoni e i tempi d´ascolto. Ma la faccenda è davvero nuova: l´alt.country non è più l´unica fonte, si innestano grossi inserti di libertà compositiva psychofolk (Narrow zone e The thing´s hollow, sulla scia di Animal Collective, Akron/Family, Megafaun, Father Murphy), aumenta il ruolo delle percussioni e del ritmo, il flusso è sempre interrotto e riparte da zero a ogni nuovo brano. Se il singolo New millennium´s lack of self explanation configura scenari da Arcade Fire egualmente intensi nel crescendo ma meno ultimativi, la lugubre Time machine riversa nero batticuore Bauhaus, i filtri vocali di Holy yes to the sunny days riferiscono ad altre etnie e almeno la seconda metà dei dieci minuti di Dub-human-ism dice molto già dal nome. Un disco che è un´esperienza sensoriale prima che acustica –la strumentale titletrack su tutte, in questo senso- ma che non cede un millimetro alla pretenziosità di tesi deduttive da dimostrare coi fatti: si chiama equilibrio raggiunto, cosa assai rara e preziosa.
(7/8) Enrico Veronese - Blow Up
E´ il momento di aggiornare l´annuario indie-folk nazionale, di depennare la voce Franklin Delano e di sostituirla con la curiosa sigla Blake/e/e/e.
La nuova identità non sembra scaturire in ogni caso da un banale capriccio: la lunga esperienza americana ha lasciato in dote non soltanto un nuovo percussionista - Davy DeLaFuente -, ma soprattutto una più franca attitudine a muoversi sul terreno della sperimentazione.
Apodittico risulta perciò il titolo in copertina: le frequenze di questa bizzarra "radio di confine" arrivano infatti a coprire uno spettro sonoro che si estende dal freak folk d´antan della Incredible String Band fino al dub e a declinarne i paradigmi con gusto, raziocinio e, cosa ancor più apprezzabile, con una robusta dose di estro e altrettanta personalità.
Davvero bravi.
( 8/10 ) Rockerilla
(8)
Giunta al capolinea l´avventura dei Franklin Delano, Paolo Iocca e Marcella Riccardi dimostrano che la loro vena creativa non si è esaurita. Anzi: l´album con cui debutta la loro nuova creatura Blake/e/e/e (l´americano Davy DeLaFuente suona batteria e percussioni su disco, Egle Sommacal e Mattia Boscolo completeranno il gruppo nelle date italiane) è molto probabilmente la cosa migliore che entrambi abbiano mai fatto. L´impianto roots-rock scuro e deviante di sempre è diventato ancora più psichedelico e sperimentale, e si è arricchito strada facendo di suoni e attitudine dub in dosi massicce, con occasionali scatti di nervi a movimentare il tutto. Ma a catturare è soprattutto la combinazione dell´insieme con melodie vocali belle e sognanti, che rimandano ai Fleet Foxes più corali. Come nei dieci minuti di Dub-Human-Ism, o nei 4 di New Millennium´s Lack Of Self Explanation, sintesi meglio riuscita di quanto detto.
Rumore
Si chiamavano Franklin Delano, adesso si chiamano Blake/e/e/e: un nome fatto di echi, di riverberi, come il dub che è elemento centrale di questo lavoro. Centrale non unico. Paolo Iocca e Marcella Riccardi producono un´opera che guarda ai canti indiani d´america (avete in mente ghost dance di Patti Smith?) e alla psichedelia, al post-punk (ed è la parte più debole del disco, la più pedissequa nell´evocazione di quel suono) e al folk svagato alla Animal Collective. Ma dire derivativo sarebbe una stronzata: tutti ascoltiamo tutto e tutto ci appartiene, entra nella nostra vita, diventa parte di noi. Iocca e Riccardi nel loro spettro musicale riflettono, nitidamente, paesaggi di società pre-industriali, poco urbane. Ben vengano le tribù. Così The Thing´s Hollow è uno straordinario gospel con chitarra grattugiata che, solo un pò più fumato, potrebbe essere firmato Brightblack Morning Light. E i dieci minuti di Dub-Human-Ism partono da un´idea di coro tibetano per svaporare in un dub vicino alle ipnosi di Thomas Brinkmann.
Rolling Stone
http://www.myspace.com/blake3e
http://www.blakeeee.com
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