"Che lo stato di salute della musica creativa italiana - leggi Jazz - sia ottimo, pare ormai verità assodata e condivisa dai più, compreso chi scrive. Il problema, caso mai, sorge nel momento in cui si cerca di accordarsi sul dove cercare le prove inconfutabili di tale vitalità.
Mi perdonerete, spero, se mi permetto di esprimere il mio punto di vista in maniera franca: ossia, che, al pari di un iceberg, il jazz nostrano nasconda il meglio di sé - che per inciso ne è pure la maggior parte - al di sotto del pelo dell’acqua, lontano dall’ottusa impermeabilità dei circuiti ufficiali, dalla retorica celebrativa dell’Italia nel mondo (vezzo a cui la provinciale “Italietta” da sempre non sa resistere) e ben distante dall’estetica bolsa dei presunti maestri o dei loro interessati epigoni.
E allora, aguzzando la vista e scrutando i fondali incontaminati del mare di produzioni alla portata d’orecchio, capita ancora d’imbattersi in piccoli tesori sommersi, autentici testimoni del brulicante mondo che si agita al di sotto della piatta superficie.
Frammenti di scrittura prematura s’intitola l’ultimo luccicante reperto affiorato dagli abissi: quattro musicisti, un seminario a Reggio Emilia e l’idea brillante di allestire un quartetto. Poco altro da aggiungere, se non il magnifico impasto sonoro creato dall’atipica strumentazione, l’affiatamento straordinario tra i protagonisti e la felicità di una scrittura ispirata, delicata, fresca e allo stesso tempo estremamente articolata; una scrittura in bilico tra suggestioni folk, aneliti orientaleggianti e, quando serve, trascinanti scorribande strumentali; una scrittura capace di tracciare un percorso d’ascolto fascinoso e unitario, splendidamente architettato e coinvolgente dalla prima all’ultima traccia.
Se si dovesse citare un modello, non si potrebbe che fare il nome di Louis Sclavis, sia per l’uso reiterato ed eclettico dei clarinetti, sia per il richiamo diretto all’estetica del folklore immaginario della quale il francese è splendido padre spirituale.
Se si dovessero citare un paio di brani, invece, la scelta cadrebbe sulla suadente “Maqsimile”, impreziosita dalle pennellate arabe di un oud, e la contorta “Fhrenos e quiete”, tremolante acquarello che strada facendo cresce fino a togliere il fiato.
Cercate vita nel jazz italiano? Cominciate da qui. "
Luca Canini - All About Jazz
http://italia.allaboutjazz.com/php/article.php?id=2542
http://www.myspace.com/lellodeb
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