Egle Sommacal, chitarrista-compositore, nasce a Belluno, 1966.
Inizia a fare musica circa nel 1981 in formazioni varie. Fondamentalmente autodidatta, si interessa a varie forme musicali e alla ricerca di un suono e di un modo personale di suonare la chitarra elettrica. La prima prova discografica è con il gruppo Detriti, formato da strani personaggi dell’area bellunese. Negli anni di questo progetto musicale, si trasferisce a Bologna, dove tuttora vive, e poco dopo entra nei Massimo Volume con i quali incide 4 dischi e firma la colonna sonora del film “Almost Blue” di Alex Infascelli (2001).
In questi anni, sono molte le collaborazioni, tra gli altri: Steve Piccolo, Giancarlo Onorato, Lalli, Starfuckers, Moltheni, e l’accompagnamento musicale dei readings di Emidio Clementi.
Nel 2001, allo scioglimento dei Massimo Volume, entra nella formazione italo-francese degli Ulan-Bator con la quale registra “Nouvel Air”. Contemporaneamente forma, con musicisti dell’area bolognese, il gruppo Marsela, con il quale produce un 7’. Partecipa al progetto di Vince Vasi QY e ai reading di Wu Ming II, compone musiche per corto e medio metraggi (“Il grande Anarca” presentato al Festival del Cinema di Venezia, fuori concorso), documentari e spot pubblicitari.
Negli ultimi due anni, il suo interesse per la chitarra acustica, per le tecniche di fingerpicking trasportate anche sull’elettrica, una certa passione per l’American Primitive guitar di John Fahey, si traducono in una ricerca personale.
Il secondo disco di Egle Sommacal è una gemma acustica piovuta dal cielo, che non necessita di dimensioni e assi cartesiani su cui collocarla. Lo spazio e il tempo sembrano essere altri, diversi dal solito tran tran di forzature pop e di canzoni ruffiane. Provare per credere: se al primo ascolto ci si sente spiazzati, dopo è tutta una fioritura di colorite sfumature che compongono un quadro di stile, dove è la ricerca sonora e melodica che genera emozioni forti.
Niente etichette banali quindi, e non poteva che essere così per un personaggio che ha un cv da primo della classe: dal lavoro (geniale) di compositore di musiche con i Massimo Volume, passando per la collaborazione con i francesi Ulan Bator, fino ai lavori nel cinema e in pubblicità, ogni mossa sembra aver portato il chitarrista bellunese là dove voleva. E questo suo secondo momento, intitolato Tanto non arriva, in realtà arriva, eccome.
"Una brass band d´altri tempi in marcia nel cuore malato dei tempi, a ritmo di blues, folk e swing, il piglio schivo di chi ha capito - ha preso atto, ha deciso - che tenere il passo della contemporaneità significa smarrire un bel pezzo d´anima, assieme alla capacità di interpretare il mondo. Ecco allora che Egle-Brancaleone imbraccia la chitarra, riempie le giberne di gravità, di ebbrezza pensosa, di lucido delirio, quindi chiama a sé tre amici (sassofoni e bombardino) perché non sono viaggi da fare in solitario, e: s´incammina.
S´incammina lungo undici stazioni strumentali all´insegna d´arcaica baldanza, di crepuscolare vitalismo, di grottesco abbandono, scortati dagli spiriti solenni e ridanciani di John Fahey e Tom Waits. Il suo è uno sguardo desueto, dissonante se vogliamo, ostinatamente fuori sincrono eppure piantato nel cuore dell´odierna crisi (esistenziale prima che economica). Titoli come Alla Ricerca Di Un Lavoro, Hospital Blues e Fumatori Di Carta (dal titolo di una poesia di Cesare Pavese) già di per sé segnano un mood. Se lo straordinario impasto di malinconie folk blues e jazz melmoso di Alcuni Dicono Buonanotte, La Sera (da una poesia di Emily Dickinson) è l´apice drammatico del programma, la onirica Elefanti (con l´aggiunta di una tromba tex-mex) sembra suggerire un´impossibile quiete. Gran disco."
Stefano Solventi - Sentireascoltare
Uno dei migliori chitarristi italiani…… di sempre. E la cosa non è messa in risalto né riconosciuta a dover manco per un cazzo.
Egle Sommacal meriterebbe molti più riconoscimenti di quanto ne abbia ricevuti finora, sia per quanto realizzato con i rinati Massimo Volume, sia per il suo precedente disco solista. Protagonista dal vivo anche con i Blake/e/e/e, è davvero uno dei nostri migliori chitarristi ed è un piacere ribadirlo così come scrivere di questo splendido secondo disco. Fascino da vendere e tocchi di classe in ogni dove, senza che ciò abbia dato alla luce un lavoro tracotante o presuntuoso. A questo giro, oltre alle fidate sei corde, al centro della scena si aggiungono anche un buon numero di strumenti a fiato - tuba/sax contralto, bombardino e sax tenore, suonati da tre componenti della banda Roncati - arrangiati dallo stesso Sommacal. La ricerca sul fingerpicking di marca John Fahey, intensificatasi negli ultimi due anni e concretizzatasi in Legno, suo debutto solista, trova in Tanto Non Arriva una maturazione speciale e, almeno da queste parti, di certo non inaspettata. Colonne sonore che traggono spinta dall’umanità più comune e per questo degnissima di essere celebrata ed esaltata tra le brutture dei nostri tempi, le iniziali “Fuori Dal Bar”, “Le Ragazze Hanno Sempre Ragione” e “Alla Ricerca Di Un Lavoro”. Maggiormente Blues la calda “Becco D’Anatra”, jazz funereo e al contempo ricolmo di swing “Alcuni Dicono Buonanotte, La Sera”, impressionista e lancinante “Hospital Blues”. Pedale pigiato sull’enfasi orientaleggiante a passo di marcia funebre in “Fumatori Di Carta”, possente ed enfatica come i protagonisti del titolo “Elefanti”, “Di Nuovo Alla Ricerca Di Un Lavoro” richiama alla mente bassifondi fumosi anni ‘20, mentre è ansiogena e malinconica “Il Tuo Lato Del Letto”, poi con “Albero Capovolto” si conclude un signor disco.
Ed eccome se è arrivato Egle.
Giampaolo Cristofaro - Audiodrome
Per tutta una serie di motivi (un intreccio complicato di storie di tempo e soldi che mancano e problemi familiari che pesano, o forse e più semplicemente perché è successo) mi sono perso del tutto l’attività di Egle Sommacal nelle sue collaborazioni più grosse ed importanti, quelle grazie alle quali si è saputo ritagliare un posto di un certo rispetto nei giri musicali e nelle pagine delle riviste specializzate. Egle per me insomma è “rimasto” il George Harrison defilato e sfuggente dei Detriti di una volta, poi c’è un buco nero fino al suo stupefacente cd di chitarra sola “Legno” di un paio di anni fa. Mi dispiace non avere mai ascoltato i Massimo Volume e gli Ulan Bator, ho la sensazione amara di essermi perso qualcosa. Peccato. Magari rimedierò, le occasioni non mancheranno.
Per dirvi dello “stile” di Egle potrei aiutarmi con un filmato: una cosa semplice, una telecamera fissa a raccontare al rallentatore il movimento del corpo e delle braccia mentre lui si avvicina alla chitarra e la afferra. Un gesto povero, banale, direte. Eppure in quella manciata breve di secondi c’è una storia fitta (un po’ come quella di Luciano Margorani, altro chitarrista di cui vi ho raccontato un paio di mesi fa, e di chissà quali e quanti altri): sono anni di ascolti e ricerche e viaggi, sono lavori in corso continui di scavi e curve nella memoria, fame mai spenta di ispirazione, curiosità che si trasforma in attrazione e poi in innamoramento sempre sul confine dell’ossessione, sono incontri reali oppure immaginati divenuti illuminazioni improvvise come lampi nella tempesta. Una parola come “autodidatta” comprime tutto questo in sole cinque sillabe da pronunciare in fretta, quasi fosse un errore o ben che vada un ripiego accettabile sì ma solo a denti stretti e sottovoce. Autodidatta a volte significa non avere un maestro a pagamento per un tot di ore al giorno, ma essere inseguiti ovunque da uno, due, dieci, cento spettri, anche fin dentro al sonno. Ricordatevelo, la prossima volta che assisterete al concerto del musicista di formazione solida ed ufficiale, medaglie al petto e curriculum chilometrico che nemmeno quelli dello staff degli assessorati leggono più, preparatissimo e ben pettinato ma “inspiegabilmente” comunicativo come un banco di surgelati al supermarket.
Sin dal primo ascolto “Legno” (Unhip, 2007) risvegliava lo spirito del vecchio John Fahey, che sembrava abitare lì dentro con un sorriso compiaciuto, lo stuzzicadente all’angolo delle labbra a distorcerne la curva in un ghigno beffardo: un po’ fantasma infestante, un po’ santino con il lumino acceso sotto, un po’ post-it giallo con una nota scritta sopra in fretta sì ma importante e da non dimenticare. Egle ha evidentemente bevuto alla fonte di Fahey ma sa filtrare le suggestioni del grande vecchio attraverso una stupefacente capacità di invenzione: il bellunese/bolognese ha imparato l’arte, ma usa le sue dita e la sua testa, non quelle del maestro. Il bello di Egle, e la sua forza, sono il bilanciamento perfetto tra la premeditazione dei suoni e la spontaneità dell’esecuzione: il suo tocco sembra indeciso tra innovazione e tradizione, o per meglio dire in equilibrio precario tra originalità e citazione, ma lui esce sempre bene da queste passeggiate traballanti sulla corda tesa, a volte con un salto mortale verso il cielo.
Da “Tanto non arriva” (Unhip, 2009 – distr. Audioglobe) ci si poteva ragionevolmente aspettare una conferma, un già sentito confortante e rassicurante. E invece no. E’ altro, è tutt’altro. Intanto c’è qualcun altro e qualcos’altro qui dentro, tutta una diversa maniera di ragionare, di organizzare i suoni. Egle c’è, è chiaro, e c’è la sua chitarra elettrica subito riconoscibile, ogni tanto bacchetta magica e ogni tanto fucile, spaesata in ogni stanza e con quella sua voce d’ombra. Chitarra che sembra nascere da sotto l’orizzonte o da un punto imprecisato eppure saltella sempre lì in evidenza, come a giocare sui mille e mille grigi del crepuscolo. Però qui ci sono anche delle altre voci, voci diverse: un paio di sax, una tuba e un bombardino un po’ dappertutto, in un pezzo anche una tromba. Ancora, possono venire in mente Fahey e gli esperimenti di gruppo (chitarra più piccola orchestra di fiati) di metà anni Settanta come “Old fashioned love” e “Of rivers and religions”, ma le somiglianze sono pallide. Questo è proprio un altro posto, c’è odore di cose nuove non ancora sentite, ci si stupisce un po’ ogni volta che un pezzo finisce e ne ricomincia un altro che ha una sfumatura diversa. Ecco, mi è difficile raccontare dove siamo, per questo disco forse non ho abbastanza fantasia: per fare un paio di nomi di dita di riferimento potrebbe essere una versione meditativa e pensierosa del “Requiem per come-si-chiama” di Marc Ribot registrato sotto i portici a Bologna col batterista che ha perso l’aereo, o una foto informale di Fred Frith che suona il blues in cantina con i ragazzi di una banda di paese, scelti tra quelli più strani e introversi, quelli che alla scuola normale sono i più scontrosi e scelgono l’ultimo banco ma che in segreto soffiano nelle ance i loro sogni.
Il vecchio John Fahey c’è sempre, sta un po’ sullo sfondo in un angolo seduto comodo barba lunga e sempre la stessa vecchia t-shirt a sorridere con un bicchiere di quello buono in mano, ma Egle non si lascia catturare da una foto né dai fantasmi, ché il suo viaggio prosegue. Vedremo dove si fermerà la prossima volta: certo, sarà ancora lontano, anche da qui. Chissà. Intanto godiamoci questi panorami, guardiamoci attorno: questo è un lavoro affascinante e ricco di emozioni, uno di quelli che non invecchiano o che comunque invecchieranno bene. Un lavoro carico di tristezza e disillusione, un blues che porta sulle spalle tutto il peso del mondo eppure così leggero e solare da sciogliere i muri che tengono lontana l’aria. Adesso smetto di raccontare per ritornare ad ascoltare.
Marco Pandin - A rivista
Discografia
Detriti: Detriti (Circus/mister X , 1994)
un brano in Luna Nera 7’ (split)
Massimo Volume: Stanze (underground records, 1993)
Lungo I bordi (Mescal, 1995)
Da qui ( Mescal 1997)
Club Privè ( Mescal, 1999)
Almost Blue (original soundtrack , 2001)
un brano in Metal Machine Muzak (Gamma pop 1997)
Emidio Clementi/Egle Sommacal: “ Una buona scusa per andarmene” brano in The Fridge. Soniche avventure ( FRDG, 1995)
Ulan bator: Nouvel air (Alternative, 2003)
Marsela: 7’ (Loun Yű,/Stanotte, 2004)
Partecipazioni varie: Starfuckers ( In Frantumi); Lalli ( Tempo di vento); Giancarlo Onorato (Io sono l’angelo); Moltheni (Natura in replay); Vince Vasi (QY Lunch)
http://www.myspace.com/eglesommacal
http://www.audiodrome.it/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=5154
http://www.massimovolume.135.it/
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