Marco Parente ritorna al CSC per presentare il suo nuovo lavoro uscito per Mescal nel settembre del 2005, accolto da una favorevole critica dopo gli altri quatto lavori “Eppur non basta” (CPI-SONICA 1998), “Testa di cuore” (SONICA 1999), “Trasparente” (MESCAL 2002) e “L’attuale jungla – Live” (MESCAL 2004).
Cantautore fine e delicato che, oltre alla sua attività da solista, da tempo realizza diversi progetti con Manuel Agnelli, Paolo Benvegnù e Cristina Donà, dopo aver cominciato la sua carriera di musicista collaborando in studio con i CSI per gli album “Ko de mondo” e “Linea Gotica”.
Da segnalare inoltre la sua partecipazione nel 2000 al tour “Pullman my Daisy”: uno spettacolo itinerante a cui parteciparono anche L. Ferlinghetti, Ed Sanders, Anne Waldaman, John Giorno, Alejandro Jodorowsky.
RECENSIONE “NEVE RIDENS”
Se c'è un'accusa che a Marco Parente davvero non si può muovere è quella di essere un artista convenzionale, uno che non osa: lo dicono tutte le tappe di una carriera avviata verso i dieci anni e che lo ha imposto - a livello di culto: l'atipicità e il coraggio di rado sono apprezzati nel nostro circuito ufficiale - come una voce affascinante e fuori dal coro, in grado di conciliare testi letterari e ricerca sonora, immediatezza melodica e trame che a volte sconfinano nella ridondanz, istinti pop-rock e teatralità, soluzioni elementari o astruse, rigore ed emozioni. Un mondo imprevedibile in cui l'artista napoletano di nascita e fiorentino d'adozione si muove con discrezione e classe, facendo emergere lentamente e subliminalmente - ma con prorompente, irrefrenabile, carismatica autorevolezza - quelle idee che altri ostenterebbero in modo pacchiano.
Alle regole del valore e della bizzarria non sfugge neppure questo quarto "vero" album del Nostro, prima parte di un dittico destinato a chiudersi a Febbraio con un altro Neve ridens (ma ad essere oscurata nel titolo sarà in quel caso la parola Neve) annunciato come "assolutamente diverso per umori, suoni e atmosfere": un disco sofisticato e intensissimo che con una strumentazione quasi normale per il rock/pop (chitarra, basso, piano, fiati e... batteria di custodie) allestisce canzoni - sottolineiamolo: canzoni autentiche, seppur particolari - avvolgenti e oblique, protese verso un'espressività ricca e gravida di suggestioni forti. Non è facile definire esattamente in quali territori ci si sta muovendo, magari perché Parentelandia non è un luogo stilistico della mente e Neve ridens una magica allegoria come L'isola che non c'è di Peter Pan... e come quella non segnata sulle mappe ma raggiungibile solo seguendo la rotta indicata dal cuore. Sfugge comunque il motivo per cui MArco, vista anche la breve durata (trentaquattro minuti) e l'inflazione di uscite discografiche, non abbia optato per un "normale" doppio CD. Ma lui, si diceva, "normale" non è proprio. Prendere o lasciare, e noi prendiamo. Eccome.
Federico Guglielmi (Il Mucchio Selvaggio, settembre 2005)
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