Rumble bee
Romanzo
di Duka e Marco Philopat
Traduttori, grafici, correttori di bozze, direttori di collana e magazzinieri. Tutto il settore dell’editoria è sceso in piazza scontrandosi con la polizia.
La crisi divora anche le ultime certezze e Malcolm lo sa bene. Da anni occupa un ambiguo ruolo nell’editoria indipendente, a metà tra lo scrittore e lo standista. A peggiorare la sua condizione sopraggiunge l’innamoramento per una donna ricca e irraggiungibile.
Deciso a inseguire la rivolta, coinvolge una banda di amici senza scrupoli a lanciarsi in avventure grottesche e tragicomiche. Come sciami d’api, colpiranno i punti nevralgici di un immaginario ribelle che aspetta solo la scintilla giusta per esplodere.
Rumble Bee è un romanzo in presa diretta, che nasce dai racconti orali e dai sogni alterati ma profetici dei due autori. Narra le convulsioni di un mondo sull’orlo del precipizio, dal terremoto in Abruzzo fino alle code davanti alla Deutsche Bank in fallimento, da una Londra in fiamme a un traffico internazionale di cani pregiati. Dalle cavalcate a dorso di cammello in Egitto a quelle in renna al controvertice di Copenaghen. Dagli scontri del 14 dicembre 2010 a Roma fino all’insurrezione totale in arrivo al prossimo Salone del libro di Torino.
Rumble è una parola onomatopeica inglese che significa “rimbombo”, “boato”, “frastuono”, “fracasso”, ma è anche riferibile ai movimenti interni del corpo e delle sue viscere: “brontolio (di stomaco)”, “gorgoglio”. Il romanzo di Duka e Marco Philopat Rumble Bee (Agenzia X, pp 301, 15€) è il racconto di un rumble, la registrazione fedele dei rumori e sommovimenti impressi nel cervello di Malcolm, un “ragazzo” quarantenne romano, dipendente precario di una piccola casa editrice e standista presso le moltiplicantesi fiere del libro.
Gli autori non ci vogliono presentare un’anima con una storia e pensieri definiti; quello di Malcolm è un cervello fatto di tessuti, neuroni e sinapsi, che entrano volta per volta in profonda risonanza con ciò che li contatta: gli scontri con la polizia nelle manifestazioni di piazza, l’hashish “Temple Ball” e varie sostanze psicoattive, ambienti e paesaggi come il Deserto del Sinai il biancore gelido di Copenhagen. Malcolm muta con ciò che gli sta intorno, i suoi pensieri si riorganizzano e reagiscono a ogni situazione delineando un profilo psicologico in continuo movimento, mantenendo di sé costante un solo aspetto: una connaturata e resistente attitudine ribelle. I pensieri del protagonista arrivano come scariche elettriche, emergono col movimento dei suoi passi nella Torino attraversata dall’Onda degli studenti, si strutturano e prendono forma al ritmo del digitare delle sue dita sul pc quando, dal contro-summit sull’ambiente di Copenhagen, invia email sugli scontri riflettendo su violenza e ribellione.
Malcolm è un conduttore di energia, catalizza e rielabora le urgenze del momento senza mai appropriarsi di parole e connessioni già frequentate; tenta caparbiamente di “camminare e guardare il mondo al livello della strada su un piano orizzontale, un modo di viaggiare onesto, senza sguardi dall’alto”. La sua posizione è scomoda e mantenerla richiede uno sforzo notevole, ma l’intento si realizza e il romanzo conserva questa tensione fino alle ultime righe, in un intrecciarsi ritmico di eventi reali o sognati che sorprendono continuamente il lettore.
Il punto di vista di Malcolm è inesorabilmente attraente, un antidoto contro le retoriche trasversali che da anni si sono innestate nelle coscienze e depositate senza far rumore nella corteccia cerebrale; il romanzo funziona come dinamite per le menti assopite e si rivela un concentrato di anfetamine per chi vuole svegliarsi. Gli autori, con l’ausilio di una storia articolata, a tratti molto divertente e eccessiva grazie anche all’utilizzo di alcuni audaci espedienti narrativi, hanno cercato di raccontare l’incomprensibile: il formarsi e il trasformarsi rizomatico di quel “movimento” protagonista delle piazze degli anni zero, che non può essere descritto e giudicato con il linguaggio tradizionale della politica, ma solo narrato da uno sguardo interno, dallo sciame di voci che al momento giusto, quando il potenziale di energia è colmo, prendono corpo, si spostano senza direzione, attaccano e si ritirano, rendendo impossibile qualsiasi descrizione che le individui: rumble bee.
Marco Philopat (Milano, 1962) è uno scrittore studioso di cultura underground e agitatore culturale italiano.
Ha aderito nel 1977 al movimento punk italiano diventandone uno dei più profondi conoscitori e animatori.
È uno dei fondatori del Virus di Milano, uno dei primi centri sociali italiani.
Nel 1997 ha pubblicato Costretti a sanguinare (Shake edizioni, poi Einaudi 2006), in cui racconta in prima persona, in un flusso di coscienza che non utilizza punteggiatura, la sua esperienza giovanile nel movimento.
Nel 2002 esce il suo secondo libro, La Banda Bellini, storia del temibile servizio d´ordine del movimento studentesco di Milano negli anni settanta.
La trilogia dedicata all´underground milanese si chiude con I viaggi di Mel (2004).
Nel 2006 esce Punx - creatività e rabbia, un DVD/libro che tratta della scena punk in Italia.
Sempre nel 2006 pubblica per Agenzia X Lumi di punk, la scena italiana raccontata dai protagonisti.
Nel 2008 esce "Roma KO" (Agenzia X) scritto insieme al Duka, che intreccia fiction e realtà ripercorrendo trent´anni di underground romano, dagli anni settanta al G8 di Genova 2001.
Nel 2011 esce "Rumble Bee" (Agenzia X) sempre scritto insieme al Duka
Attualmente collabora con il mensile XL di Repubblica.
Costretti a sanguinare
Finalmente ristampato dalle edizioni shake questo libro che mi ero imperdonabilmente perso al tempo in cui uscì (1997) "costretti a sanguinare" è stato il precursore di una serie di libri “archeologici” che hanno cercato di ricostruire la storia del periodo di massimo splendore del punk italiano (1977-84, come recita il sottotitolo), anni dimenticati troppo in fretta in cui l´hardcore italiano faceva scuola nel mondo e in cui molte città italiane potevano vantare una scena punk di rilievo (torino, milano, roma, udine, bari, napoli, il granducato hardcore...). il libro di philopat è un documento inestimabile della milano hardcore dei primi anni ´80, incentrato soprattutto sulla vicenda del virus, lo storico squat di via correggio 18 che fu il centro nevralgico del movimento, e non solo dal punto di vista musicale.
Philopat, che è stato uno degli occupanti dello stabile fino al giorno dello sgombero, riscrive la sua esperienza servendosi della propria memoria individuale per restituire ai posteri una cronaca dell´intero movimento, presentandosi allo stesso tempo come biografo di sé stesso e come storiografo di una controcultura che per un frammento degli anni ´80 ha saputo aprire uno squarcio all´interno di quel drammatico processo di decadimento che in quegli anni stava iniziando a divorare la civiltà occidentale.
“Costretti a sanguinare” si aggira per le strade di milano finendo per scattare una fotografia in bianco e nero di una città chiusa, grigia, in preda all´arrivismo filocraxiano e al primissimo delirio consumistico, una città che si illudeva di guardare al futuro mentre intere generazioni venivano falcidiate dall´eroina.
E´ la cronaca dolorosa di un passato recente eppure lontanissimo in cui l´eroina era all´apice della popolarità e si è rivelato essere senza dubbio uno dei principali strumenti di repressione di tutti i movimenti giovanili dalle ambizioni più o meno rivoluzionarie. “Penso che il 1984 sia stato l´anno in cui il punk, nella sua espressione più incisiva sia finito.
Il “No Future” così come lo avevamo inteso fino ad allora non significava più un punto di arrivo ma un punto di partenza, non una negazione delle possibilità ma un “viviamo il presente” nella sua forma più decisa o, meglio ancora, come un rifiuto del futuro borghese e il tentativo di crearci un futuro “nostro”, che concretizzasse, rendesse stabile e ampliasse quella alterità radicale di cui si era tanto sognato.
Un passaggio non certo facile da assimilare: così molti tra noi , per condizione sociale o malessere esistenziale, non l´hanno capito e sono precipitati, come gran parte della generazione precedente, in uno dei tanti inferni metropolitani: eroina, pazzia, lavoro regolare, famiglia.” Marco Philopat, Costretti a sanguinare (Shake, Milano, 1997)
http://www.agenziax.it/
http://www.lellovoce.it/spip.php?article292
http://www.doppiozero.com/materiali/italic/duka-e-marco-philopat-rumble-bee
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