Gli Ornaments nascono nel 2003 da un’´idea di Simone Mambrini (Hangin’ on a Thread), Davide Gherardi e Alessandro Zanotti (The Death of Anna Karina), Riccardo Bringhenti (Rue de Van Gogh, Ungar Trio, Workout Quintet), idea improntata alla sperimentazione in chiave strumentale ispirata dall’ascolto di band come Neurosis, Breach ed Isis.
Il primo demo del gruppo, risalente al 2004 (self-titled), viene diffuso in 800 copie ai concerti, generando una certa sensazione intorno alla band. Nel corso di un biennio di attività live gli Ornaments mettono a punto il loro particolare approccio instrumental, in bilico tra drone-metal, post e math-rock, e condividono il palco con band dal calibro di Converge, The Daughters, Playing Enemy e Red Sparrowes, facendosi apprezzare sia in Italia che all’estero.
Nel 2006 il progetto subisce una pausa di arresto che si prolunga fino al 2011, anno in cui gli Ornaments, forti dell´’interesse mai sopito dei loro sostenitori, decidono di riformarsi.
Il secondo promo del 2011 vede la presenza di Enrico Baraldi che cura le registrazioni,i mixaggi e il mastering oltre che la presenza fissa al basso, e la collaborazione di Daniele Rossi (Like a Shadow, Amp Rive) agli archi.
L’´ultimo lavoro degli Ornaments (s/t, 2011) prosegue ed approfondisce la pluriennale sperimentazione musicale della band, offrendo all’´ascolto quattro lunghi brani trasognati e malinconici squarciati da picchi di pura massa sonora.
Lontani dalle formule più abusate del post-rock gli Ornaments aspirano a collocarsi sul crinale che corre tra Neurosis, Breach, Godspeed you! black emperor...
KUBARK
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DANKALIA
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Ornaments recensione Ondarock
“L’aura che aleggia in ´Pneumologic´ non rimanda direttamente alle nostre personali convinzioni politiche o religiose, ma cerca di esprimere e catturare, attraverso il richiamo alla teoria antica della “pneumologia”, uno stato di grazia - diciamo pure di ´trascendenza´ - che si verifica in certe condizioni durante un concerto: una sorta di energia che circola tra noi e il pubblico”.
La spiritualità e il sangue. La filosofia e le forze ancestrali che sgorgano, potenti. Il battito irregolare di “Pneumologic”, le sue accelerazioni e pause, i moti rabbiosi e le relative digressioni che rispecchiano il tumultuoso cammino degli Ornaments, trascrivendolo in musica.
Per capire fino in fondo “Pneumologic” è necessario conoscerne la genesi, figlia di una band artefice di un esordio ricco di promesse, live memorabili, una demo che preannuncia il botto e poi, all´improvviso, silenzio. Succede che nel 2005, sul più bello, gli Ornaments perdono il pneuma, il “soffio della vita” e, dolorosamente, decidono di deporre le armi.
Così come se n´era andato, nel 2011 il battito, seppure irregolare, torna a farsi sentire. Davide Gherardi e Alessandro Zanotti (The Death Of Anna Karina) ricominciano a provare con Riccardo Bringhenti (Welch, Rue de Van Gogh, Ungar Trio); si aggiunge al basso Enrico Baraldi (Nicker Hill Orchestra) e in un attimo gli Ornaments tornano in vita.
Le sette canzoni di questo esordio sulla lunga distanza, che segue l´Ep pubblicato nel 2011, sono dunque il risultato di un cammino tumultuoso, nonché dell´ostinazione di un progetto che ha continuato a pulsare sotto pelle. Ne segue i passi, esplode e si contrae in se stesso, si lacera e si quieta, cerca la spiritualità e poi si lascia trasportare dall´istinto. E´ l´essenza della vita che gli Ornaments vanno cercando nel loro fare musica, un´essenza perseguita tramite infinite ricerche e sperimentazioni che raggiungono in “Pneumologic”, anche grazie a innumerevoli prove live nonché all´ottima produzione di Andrea Sologni all´Igloo Audio Factory di Correggio, pieno compimento.
Troviamo così la trascendenza degli Om, l´anima oscura dei Sunn O))), passaggi ambient-drone e persino prog, il post- in ogni accezione (hardcore, rock, metal) in una terra di mezzo tra Neurosis, Isis e Breach.
“Pulse” sprigiona la tensione in un granitico incipit post-hardcore, la stempera in chiave post-rock e la riporta in superficie nel crescendo rumoristico che chiude il cerchio di otto lancinanti minuti. La materia lascia il posto alla spiritualità apocalittica di “Breath”, impreziosita per la prima volta da una voce: quella di Silvia Donati. Allo stesso modo, l´inquietudine di “Aer” aumenta di intensità fino a sfociare nel moto rabbioso che prelude a “Galeno”, un crescendo che proviene dai recessi più nascosti dell´anima salendo fino a esplicitarsi in un moto impetuoso e magmatico.
Anche negli undici minuti di “Pneuma” la quiete post-rock diventa avvisaglia di una tempesta di riff chitarristici e tamburi cannibali. La brevissima parentesi (un solo minuto) di “Spirit” è silenzio interrotto da un incerto riff di chitarra, preludio alla rabbia primigenia scatenata dalla voce di Tommy dei Concrete ne “L´Ora del Corpo Spaccato”
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