OvO è un progetto di musica e vita. OvO sono Stefania Pedretti (anche nelle Allun) e Bruno Dorella (ex Wolfango, ora in svariati progetti, tra cui Ronin, Bachi da pietra e Bugo, e boss dell’etichetta Bar La Muerte).
Esce a fine 2006 il nuovo album degli OvO, “Miastenia” (Load/Good Fellas), vera consacrazione per una delle band più interessanti dell’underground internazionale.
“A due anni di distanza dalle convulsioni di Cicatrici gli OvO mescolano di nuovo le carte in tavola, forti di un’accresciuta consapevolezza rispetto a sfaccettature sonore filmiche nei Ronin, oltre all’incisiva essenzialità percussiva dei Bachi Da Pietra; Stefania, cresciuta con le Allun, ha affermato ancor di più l propria identità artistica nel recente disco a nome “?Alos”. Il verbo unico e coeso degli OvO si tinge di tonalità inaspettate, in un lavoro attraversato da contrasti di luci e ombre drammatici- ben venga dunque l’attenzione di un’etichetta prestigiosa come la Load. …. In “Miastenia” c’è il suono più cupo e magmatico prodotto dagli OvO, introversi, raccolti, mai però domati”. (voto 8) - Blow Up , maggio 2006, Daniela Cascella
“…Composto da otto tracce assolutamente urticanti e fuori controllo - come nello stile iconoclasta del duo - "Miastenia" è il primo album della band ad essere pubblicato su LOAD pur restando una produzione prettamente e fieramente italiana. Il lavoro sulle percussioni resta ancora un tratto immediatamente riconoscibile ed indicativo del suono OvO, forse il principale elemento di trasporto psichico in una musica che richiede un coinvolgimento completo e senza compromessi… Rauca o soffocata, puerile o aggressiva, l’interpretazione di Stefania Pedretti risulta sempre autentica e fuori dall´ordinario, proprio come la musica di questa band, orgoglio nazionale per pubblici recettivi”. (Voto 8) Rockerilla, Michele Casella
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Cicatrici (Bar La Muerte, 2004)
di Stefano Solventi
Gli OvO sono il progetto in cui s´incrociano la multiforme attività di Bruno Dorella (già coinvolto con Wolfango, Ronin, Bugo nonché boss e mentore di Bar La Muerte) e Stefania Pedretti delle Allun. Cicatrici è il loro secondo album (non contando lo splendido split con i Rollerball e un paio di ep), quello in cui il progetto sembra assestarsi su visioni più definite, anche se in tal caso definirsi significa mettersi in pericolo, minarsi le fondamenta, un eccedersi sonico.
Una proposta più ostile che ostica, e anche in questo più colposa che preterintenzionale. Difficile seguirne gli spostamenti sulla cartina di stili e propensioni (impro, noise, no-wave, squarci psichedelici, collassi jazz, epilessie post-punk…) che semplicemente vaporizzano nell’impeto della raffigurazione.
Destrutturazione e improvvisazione cedono il passo ad una sorta di sospensione: di suoni e rumori sul punto di organizzarsi in musica, di fonemi che s’interrompono sulla soglia del senso compiuto, i nervi scoperti e i tessuti a nudo, coagulati da un vago allarme o un´angoscia stridula, un esistere furioso, defraudato, indolenzito.
Se ad inizio programma Candida (corde arpeggiate, pizzicate, riverberate, un frinire fragile e lacerante di violino, un gracidare nero come filo spinato, partecipano Bill Horist - chitarrista avant di Seattle - e Fabrizio Palumbo - chitarrista dei Larsen) sembra voler apparecchiare la scenografia e consolare in anticipo il cuore, la successiva La Peste è già l´abisso in cui cadiamo, il passo definitivo: hard-blues animalesco, percussività smaniosa e marziale, aspri fendenti di chitarra in groviglio distorsivo, il primo Nick Cave in overdose d´anfetamine, il canto di Stefania come una Kim Gordon trascinata all’inferno per la chioma, tra invettive e invocazioni, tra dolore e ultima ribellione.
Art-noise e rumorismo convogliano quindi in strutture lancinanti e spietate, che siano propulsioni post-punk dal piglio sardonico come marionette killer (La Saponatrice Di Ferrara), blues narcotizzati sul ceppo del boia con slabbrature al limite del doom metal (Ombra Nell’Ombra), farfuglii e frattaglie soniche su pulsazione robotica (Efesto) o servite assieme a dissoluzioni aritmiche come antipasto prima di un sushi di circuiti al metadone (Spezzata).
Con L’Anno Del Cane prima (ritmica dance allestita da un robivecchi e canto improbabile da muezzin abbarbicato sulla Grande Muraglia) e Phiphenomena poi (nient’altro che la voce ed effetti di violino, ma è come tentare di sintonizzarsi su una stazione a onde corte in mezzo ad una tempesta atomica) il disco raggiunge e ribadisce una specie di incandescenza, il tremore d’un trapano nel cervello, luce bianca che cancella le zone di grigio e appiattisce lo scenario, decretando una intimità irrimediabile al cuore stesso del delirio.
Chiude una brevissima (un minuto) pastorale folk, solo chitarra e... Un violino? Una diamonica? Il titolo, Signora Bella Con Cane Gentile, è il modo in cui una bambina ha battezzato Stefania la prima volta che l’ha vista, e fa venire in mente quella speranza-sguardo che illumina le cose. La credevamo morta, e invece, forse, no.
Alla fine ti rimane non lo sdegno ma piuttosto il raccapriccio di stare a queste condizioni su questo mondo, cicatrici appunto che presuppongono ferite, però senza sangue che fiotti a rendere iconica la flagellazione, semmai un’implosione dolorosa che rimbalza fin dentro le ossa e sceglie l’anima come il campo di una battaglia senza codice né quartiere.
In tutta franchezza, preferirei che non ci fosse bisogno di dischi così. É che le ferite non smettono mai di aprirsi, ed ognuna si apre (anche) per noi. Toccano a noi le cicatrici, che lo vogliamo o meno. (7.4/10)
Miastenia (Load, 9 aprile 2006)
di Daniele Follero
Teatrale e imprevedibile. Se proprio si dovesse riassumere in una manciata di aggettivi (speriamo non ce ne sia mai bisogno!) la musica del duo italiano, questi sarebbero senz’altro i più pertinenti a descriverla. Il coinvolgimento emotivo che suscita la violenza ai limiti dell’eccesso del linguaggio musicale utilizzato da Bruno Dorella e Stefania Pedrelli sfiora, accarezza la follia in un vorticoso spingersi verso sonorità aliene e alienanti, sfogo estremo di un decadentismo fuori tempo massimo.
Miastenia, terzo album degli OvO, primo ad uscire per l’etichetta Load, è molto diverso da Cicatrici, suo predecessore, non nella progettualità, quanto nel sound. L’approccio violento, lontano da qualsiasi compromesso con la “piacevolezza” trova espressione, questa volta, nei terrificanti vocalizzi di Stefania (a metà tra la voce de L’Esorcista e quella di un qualsiasi vocalist di una band norvegese di black metal) e nel drumming “pesante”, parente stretto del doom, scelto da Bruno, con l’aggiunta di bassi/chitarre tanto compressi da trasformare la natura stessa degli strumenti a corde.
Lo pseudo-death metal di Anime Morte è assolutamente spiazzante, Fobs Unite sembra scimmiottare l’hardcore punk nei suoi tiratissimi 30 secondi. Poi, improvvisamente CoCo, una filastrocca follemente ipnotica, che viene squarciata letteralmente dai suoni di nuovo pesanti e taglienti della successiva Mammut. Miastenia è tutto un alternarsi di scariche di violenza sonora e riposi schizoidi, che conduce al lunghissimo epilogo della title track: venti minuti di orrorifico dark-doom. I raggelanti riff metallici e la lentezza inesorabile della batteria fanno da sfondo alle urla disperate, sataniche, della Pedrelli, attrice protagonista di questo teatro dell’orrido che sulla lunga distanza trova migliore compiutezza e coerenza. Figuriamoci dal vivo…(7.0/10)
http://www.myspace.com/ovobarlamuerte
http://www.sentireascoltare.com/CriticaMusicale/Monografie/ovo.htm
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