Paolo Angeli - chitarra sarda preparata e voce (I)
Hamid Drake - percussioni e voce (USA)
Una coppia di musicisti inusuale: il batterista statunitense Hamid Drake e il chitarrista sardo Paolo Angeli.
Il primo un sultano del ritmo che ha esplorato in lungo e in largo le possibilit delle percussioni trasportandoci un palpabile spirito Afro.
Il secondo un alchimista di suoni inventati grazie alla sua chitarra sarda preparata, veleggiante tra l´acustico e l´elettrico al punto tale da divenire irriconoscibile. Risultato della serata?
Una bomba di suoni magici, ansiosi, sfaccettati, densi, ancestrali, vorticosi, sperimentali, disorientanti, arcaici, irruenti, disorganici, impazziti, ossessivi, inaspettati, spigolosi.
Suoni senza una terra, senza una cultura, se non accennata. Suoni che vagano da oriente a occidente fino a notturni sobborghi urbani, per poi spegnersi nel pianto di un muezzin con la chitarra che ormai si trasformata in una viola elettrica. Suoni che impattano sugli ascoltatori trascinandoli in un turbine di tensione ritmica costante con un´ansia crescente. Suoni che diventano anche sofferenza come nell´intensa “Beslan” dedicata a tutti i bambini che ogni giorno sono vittime delle stupide guerre degli adulti. Suoni assimilabili a una navigazione al buio senza bussola, seguendo le stelle e l´istinto. Suoni che si perdono tra New York, l´Africa e la Sardegna con mille e nessun´ denominatore comune.
E la mente vaga, non trova mete, non trova punti di riferimento, confini. E il viaggio si perde nello spazio sonoro. Ma non c´e´ confusione. Cosi´, piccola e fragile nasce l´idea che questa sia un´invocazione al cielo sotto quelle stelle, le stesse di millenni fa. Un suono terreno che si confonde con la notte. E si dilata sempre di più. Sullo sfondo ogni pensiero si perde.
Ecco perche´ non so come descrivere meglio di così questa musica. Inoltre non so nemmeno se abbia senso andare a cercare un nome, un´ etichetta quando evidente che da questo incontro sono nate note ribelli, libere la cui unica classificazione sensata deve risalire agli spiriti dei suoi due autori ed allo strano e unico incontro di quella notte. Allora aldil di ogni parola conta solo l´ascolto, contano solo i suoni di questa serata.
Presentano questo piccolo, grande e sorprendente cd dell´ etichetta Nu bop Records
RECENSIONE CONCERTO
Roma, 6/febbraio/2007
(improvvisazione + composizione)/comunione = emozione
Stasera la musica abbraccia tutto, coinvolge tutti. Di corde e pelli. E quando un piccolo uomo sardo si occupa delle corde, seduto di fronte al gigante nero della Louisiana, intento, quest´ultimo, a fare la festa alle pelli, il risultato è assicurato. Ma non troppo: andiamo con ordine.
Uotha è il nome della collaborazione tra l´eclettico chitarrista (?) Paolo Angeli e lo straordinario, imprendibile, batterista e percussionista Hamid Drake. Unione di spiriti nata, dal vivo, sul palco del benemerito festival estivo di Sant´Anna Arresi, in provincia di Cagliari (per chi volesse saperne di più: www.santannarresijazz.it) e immortalata, in seguito, in un compact disc uscito nel 2005 per la Nu Bop Records. E´ però dal vivo, la sua dimensione naturale, che Uotha cresce e amplifica gli animi. Impossibile definire cosa abbiamo davanti e nelle orecchie: è musica totale, polimorfa. Potremmo tirare in ballo logore etichette come ´improvvisazione´, ´jazz´, ´avanguardia´. Potremmo scomodare il post rock, la tradizione afroamericana, il blues, il folk, la musica popolare sarda, i richiami caraibici, le influenze orientali, l´hard rock e i Black Sabbath. Potremmo poi generare un mostro mescolando energicamente il tutto. E invece no: i due suonano, e questo basta. E´ semplicemente una musica che tocca le corde dell´animo e le pelli del cuore, spaziando sinceramente e mangiando con gusto tutto ciò che intorno a lei possa servire a raggiungere l´unico scopo prefissato: l´emozione di chi ascolta, l´ebbrezza della condivisione.
Il segreto estetico di questo processo risiede precisamente nella personalità artistica (e non solo) delle due persone che siedono dinanzi a noi, e nel loro approccio alla materia e allo strumento, fisicamente inteso. Da un lato del palco, Paolo Angeli cinge con decisione e leggiadra perizia il frutto delle sue fervide elucubrazioni tecnico-stilistiche: uno scherzo della natura e dell´uomo che reca il nome di chitarra sarda preparata. Le influenze del suo creatore - dagli arcobaleni di Fred Frith alla tradizione di Giovanni Scanu, decano della chitarra sarda - prendono corpo in questa Chimera di liuteria, forgiando un unico soggetto dalle molteplici anime, come espresso nelle parole dell´inventore stesso: "... un ibrido tra scultura sonora, chitarra, basso acustico, violoncello e batteria." Martelletti, eliche, cavetti di bicicletta, pedali, corde di sitar, ponte di contrabbasso, elettronica. Dalla coreografia di tutti questi elementi e dal prodotto sonoro del loro movimento simultaneo, ben coordinato dal direttore d´orchestra Angeli, possiamo considerare uno strumento musicale non più semplicemente dal lato meramente letterale del termine, ma come realizzazione artistica a sé stante, una vera statua vibrante. Lo strumento si fa scopo, il mezzo si fa fine, pur continuando a servire perfettamente il suo fruitore che, compenetrandosi, lo sfrutta al meglio, lo fa cantare, conoscendo ogni suo segreto, disinvolto, elegante, appassionato. Di Hamid Drake abbiamo già parlato in altre occasioni. Nel suo caso lo strumento rimane tale, addirittura striminzito al cospetto del suo padrone. La bellezza di Hamid, d´altro canto, risiede proprio nella sua abilità di entrare nella musica, un dono. Saper vivere l´istante, essere capaci di sintonizzarsi con il tutto che sta intorno e assorbire l´energia che ne deriva, rielaborarla e sputarla fuori al momento giusto, sempre diversa, imprevedibile, assecondando l´effimera, fortissima poesia del momento, senza costrizioni né invadenza.
La fusione di due spiriti illuminati, l´improvvisazione e la composizione, il divertimento e l´intensità, la poesia e il lirismo. C´è tutto questo sul palco, stasera, ed emana in tutto l´ambiente. Un viaggio che dà infinito spazio all´immaginazione, che regala il tempo di cantare alla voce e la vita a mille ricordi. Ricordi di isole lontane e vicine, di profumi familiari o stranieri, di persone scomparse e di anime salvate. Capite bene che una serata di questo tipo, dalle mille cangianti striature e dagli altrettanti abbaglianti riflessi, difficilmente potremo levarcela dalla testa. E per quanto le parole, davanti a fenomeni di questo tipo, risultino sterili, inutili, perfino dannose, nel loro goffo tentativo di intrappolare, in una bolla di fonosapone, gesti, volti, suggestioni volatili che ferme non possono stare, evaporando a tradimento quando eri sicuro di stringerle fra le mani; per quanto le orecchie abbiano visto, gli occhi assaporato, le mani camminato, i cuori cantato; per quanto non sempre sia possibile (vi apparirà contraddittorio) contagiare gli altri intorno a noi, uguali a noi, con le nostre più vivaci sensazioni, né minimamente metterli a parte di qualcosa, qualunque forma essa abbia, che avrebbero potuto vivere facilmente, più intensamente ancora, in prima persona; sebbene tutto ciò si faccia contro di noi, minaccioso, insieme allo spazio e al tempo, cerchiamo comunque il modo di festeggiare due protagonisti della Musica, quando Musica significa emozione e comunione: Paolo Angeli e Hamid Drake, che ci hanno narrato una fugace storia, quasi una favola, nella notte tra il 6 e il 7 febbraio, al Rialto Santambrogio.
Lorenzo Gabriele
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Hamid Drake è nato il 3 agosto 1955 a Monroe, Louisiana, USA.
Ha studiato a lungo le percussioni compresi gli stili orientali e caraibici.
Nel 1974 iniziò quella che sarebbe stata una lunga collaborazione musicale con il tenorsaxofonista Fred Anderson.
Verso la fine degli anni Settanta, Anderson lo fece conoscere a George Lewis e Douglas Ewart.
Le sue influenze musicali più significative per quanto riguarda le percussioni, ovvero Ed Blackwell e Adam Rudolph, risalgono a questo periodo.
Don Cherry, il cui primo incontro risale al 1978 fu un altro musicista con cui collaborò in modo continuativo.
Alla fine degli anni Settanta, divenne uno dei membri del Mandingo Griot Society con cui registrò fin dal primo album.
Per molti anni diede il suo supporto ritmico a musicisti quali Borah Bergman e Peter Brötzmann, con quale egli suonò in quartetto completato dal contrabbassista William Parker e dal trombettista Toshinori Kondo.
Alrti musicisti con cui ha lavorato negli anni sono Marilyn Crispell, Pierre Dorge, Georg Gräwe, Herbie Hancock, Misha Mengelberg, Pharoah Sanders, Wayne Shorter, Malachi Thompson, il percussionista Michael Zerang e particolarmente Kent Kessler e Ken Vandermark con cui ha formato il trio DKV.
In una tale varietà musicale egli ha adottato idiomi dell´Africa del Nord e dell´Africa occidentale e suggestioni indiani così come del reggae e della musica latino-americana.
A parte Blackwall e Rudolph le altre sue influenze sono Philly Joe Jones, Max Roach e Jo Jones.
Suona spesso senza bacchette usando le mani per creare particolari ritmi sonori.
http://www.paoloangeli.it/
http://www.myspace.com/paoloangeli
http://www.myspace.com/angelidrake
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