Penelope Sulla Luna nasce nel febbraio del 2005.
La sua personalità si può sintetizzare in musica nel genere che qualcuno definisce "post-rock", completamente strumentale, naturale coesione di atmosfere dolci e dilatate con l´energia pura della distorsione, melanconica e tagliente, in parte frutto di un’ispirazione ortodossa ai maestri del genere che costruisce la base per un sound personale contaminato da sperimentazioni trasversali.
Penelope guarda verso la ricerca della comunicatività al di fuori del testo e verso l’indagine sonora, il cui principio rimane la costruzione di melodie dirette sollevate in mezzo a trame intrecciate.
A settembre 2008 Penelope da alla luce il suo primo lavoro, My Little Empire, già passato come autoproduzione per diverse mani e già citato dalla stampa nazionale esordio maturo ed efficace, stavolta prodotto dalla nuova indie label Nagual Records del gruppo Nomadism e distribuito da Audioglobe e Masterpiece in tutta Europa.
Con la gentile partecipazione dell´ex Milaus Massimo Bevilaqua ai violini e registrato allo studio NHQ di Ferrara, già base di Giorgio Canali, Le luci della centrale elettrica, Tre allegri ragazzi morti e Teatro degli orrori, My Little Empire è un racconto esclusivamente strumentale, una favola dolce e distorta che non può fare a meno di affascinare, un esempio di quanto il rock sperimentale italiano abbia ancora molto da dire.
Recensioni
ONDAROCK
2009:odissea nello spazio. La stazione orbitale Penelope, nei pressi della luna, attende il ritorno della navetta spaziale Ulisse, in ricognizione sulla terra, un pianeta sovraffollato e semi-affondato che pensa di poter vivere senza ozono. Gli anni volano, in assenza di gravità. Una scia di note, che tesse nella sua faccia illuminata e disfa in quella al buio, è il suo richiamo. Primo vero disco per i ferraresi, dopo un’edizione limitata e uno split, questo “My Little Empire”.
La via italiana al post-rock. Fra le sponde eteree dei Mogwai (“Back To The Teenage”) e quelle più scoscese e rocciose dei Built To Spill (“Big Whoop”), qualche giro hard-rock, qualche scansione prog (“The Brain Drain”), un senso della melodia ariosa e viscerale come solo una band italiana può concepirla. E se qua e là si ravvisa un certo impaccio nel sorreggere la transizione fra la canzone, pur estesa e dilatata, e la suite, pezzi come il dittico “Butterfly Drama”, vibrato spaziale romantico e
neoclassico (con reminescenze di Bach), in perfetto equilibrio fra le parti elettroniche e strumentali, lasciano presagire un futuro luminoso. Ma prima di esultare, aspettiamo ansiosi che la dea Atena ci annunci il loro ritorno.
MESCALINA
I Penelope Sulla Luna vivono, si nutrono e respirano in quella fetta di spazio a cavallo tra la notte ed il buio, in quell’inconfessabile metapsichica silente dove il verbo non comunica che disturbo, preferendo e delegando le onde empatiche del suono a rappresentarli in tutta la loro opacità di ombre accecanti. La band ferrarese si affaccia in “chiaro” con il debut-album “My Little Empire”, un bel cinquantatrè minuti di sound nerofumo che innalza la bandiera del post-rock shoegazer; non solo lirismi retrò-garde, ma anche rumorismi, chitarre tragiche ed effetti elettronici che rimarcano assiduamente la caratterialità “rimurginante” del quartetto, il “broncio” esangue che ha stigmatizzato le deep depressions dei Mono, My Vitriol, Gregor Samsa o Seidenmatt per citare qualcosa, ma che in questo album eccheggiano e si muovono furtive. Un battesimo, questo dei PSL, oltre che di buona resa strumentale, oserei dire di fuoco, impavido nell’addentrarsi nel limaccioso pantano color antracite dell’indefinito post-rock dà poche speranze di evasioni e scorrerie oltre la sfera del gravitazionale fattore “nicchia”, per i cosidetti “pochi ma buoni”, affermazione questa molto camp negli ambienti darkeggianti underground. Ad ogni modo la nostra band sa giostrarsi molto bene al buio dei suoi intarsi decadenti, ci crede e questo è l’importante per una futura evoluzione nel campo: in queste dieci tracce mute di voce e ricche di tensione/passione all’ingiù sottolineo per un ascolto “guidato” le stupende “Butterfly Drama” (1 e 2) e “Fortunadrago” a mia veduta teste di serie di tutto l’album. Ora Penelope se ne ritorna sulla sua luna e, se in qualche episodio l’intensità ed il romanticismo “malato” della sua malinconia possono apparire un po’ sopra le righe, poco importa. Chi pensa come Penelope che la musica è passione tra luci ed ombre saprà certo giustificare certi eccessi.
FLASH MAGAZINE
Pur non essendo particolarmente appassionato di dischi interamente strumentali, devo ammettere di essere stato piuttosto colpito, negli ultimi anni, da diverse band dedite a questa tipologia di proposta musicale; penso ai Capricorns, agli Zu o, ancora, ai Sepia Dreamer, tanto per fare qualche nome alla rinfusa. A questi vanno ora aggiunti anche i nostrani Penelope Sulla Luna, i quali giungono al loro debutto discografico con un platter profondamente delicato e visionario. Le nove tracce che compongono “My Little Empire” riescono, infatti, a dare una tenue forma onirica al post-rock di partenza, traducendo le dilatazioni psichedeliche, su cui si fondano la maggior parte delle composizioni, in un linguaggio sfocato, colmo di variegate sfumature cromatiche e di lunghe digressioni metafisiche. Vi è un ché di filosofico nella musica dei Penelope Sulla Luna, giacché il quintetto italiano ama cullare dolcemente l’ascoltatore, trasporlo in una dimensione sospesa a metà tra il visibile e l’invisibile e, quindi, porlo dinanzi a una concettualità sonora che fa dello sperimentalismo la sua bandiera. Omogeneo, compatto, a tratti nostalgico: “My Little Empire” è un lavoro alquanto ispirato e fresco, che difficilmente annoierà gli amanti del post-rock e della sperimentazione tout court. C’è ovviamente da dire che un simile album non è alla portata di tutti e può essere apprezzato soltanto da chi cerca nella musica riflessione, atmosfera e una valvola di sfogo per l’immaginazione, non certo rabbia e istinto. (DS)
ROCK SHOCK
Com’è misteriosa questa Penelope Sulla Luna, così lontana dal sole di Itaca.
Perché se ne sta sul suo satellite, attraversata da una luce intermittente, a tessere e disfare trame musicali?
Forse è in attesa del ritorno di Ulisse, oppure vuole inviare un segnale al pianeta Terra: quel che è certo è il suo galleggiare senza gravità tra distacco malinconico (Space Donut) e parentesi post-rock alla Mogwai (Back to the teenage), tenendo la rotta a metà strada tra l’abbandono solitario cosmico e l’avvicinamento al pubblico terrestre. Il suo messaggio è My little empire, primo disco per la band ferrarese, retrospettiva interamente strumentale di introspezioni manifestate con valanghe hard rock (Big Whoop) e mitologiche tragedie spaziali tessute da inflessibili chitarre. I violini e il lacerante piano del dittico Butterfly Drama raggiungono picchi di commovente lirismo neoclassico e conducono l’ascoltatore verso profondità spaziali ignote e sconosciute, portando alla memoria per un attimo certe dissonanze elettroniche simil Klaus Schulze. Non importa se il quartetto ogni tanto perde la bussola con brusche virate rock (Third brain drain) o eccede in infinite distorsioni (Space Donut), i ragazzi hanno buone idee e impareranno a gestire il proprio patrimonio. Per ora basta il ricordo scolpito di dilatazioni rarefatte che ci cullano dolcissime e ci lasciano dolcemente nel dubbio: cosa mai ci farà Penelope Sulla Luna?
http://www.myspace.com/penelopesullaluna
http://www.myspace.com/aguirreorchestra
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