La qualità del gruppo di Portland non è solo provata dal nome delle etichette che li hanno stampati come la Silber o la Roadcone, ma molto
più semplicemente dalla musica e dai dischi.
Anche in questo nuovo “Ahura”, gli americani non tradiscono il loro personalissimo freak-pop psichedelico con un piede nel passato ed uno
direttamente nel futuro, forse proprio per questo gioco di equilibrismo finiscono per trovarsi inevitabilmente in una posizione temporale “altra”. Pensando a loro non posso non a caso mi vengono in mente dei giganti come i Jackie-o Motherfucker (che forse non a caso sono anche
loro concittadini), l’associazione sorge spontanea per il tipo di riferimenti culturali, per la radice tradizionale della musica che poi finisce con il crescere e con lo svilupparsi in qualcos’altro…direi che i Rollerball stiano alla psichedelia morbida in modo direttamente proporzionale rispetto a
come i Jackie-o lo stiano a quella più narcotica.
Folk, cantautorato anni ‘70, Acid Mothers Temple, Sun Ra, Red Krayola, psichedelia texana, jazz, ballad e altro spremuto in una formula cantautorale tutta loro in cui la splendida voce di Mae Starr (suo il cantato su uno dei pezzi più belli del penultimo disco dei Ronin) disegna delle melodie trasformando il tutto in quello che per la maggior parte di questo nuovo lavoro sono e restano “canzoni”.
Piano e voce, chitarre, batteria, basso e arrangiamenti di fiati e delay dub sparsi solo dove servono e tutto secondo un gusto vagamente retrò ma mai passatista. Nonostante le stranezze che abbelliscono il disco quello che salta subito all’orecchio in questo nuovo Rollerball è proprio la melodia oltre che la personalità, possiamo azzardarci a dire che si tratti dell’ennesimo capolavoro di scrittura targato Rollerball.
I Rollerball (da Portland, Oregon) non sono definibili altrimenti che una cult band: sia per l´immagine mistica che li circonda che e per la loro discografia costellata di rare gemme, sempre avvolte in bellissimi packaging. Nella decade passata dalla loro formazione, questa famiglia altamente prolifica di musicisti ha registrato e pubblicato ben dodici album, una decina di EP e 7" and una sterminata serie di compilation. Tra trombe al sapore di future-folk, pulsanti melodrammi dark-wave, i Rollerball portano la loro musica su nuovi lidi con questo ultimo e omonimo album.
Non hanno ancora tagliato il traguardo del decennale di carriera e hanno già messo al mondo qualcosa come oltre venti lavori (tra album estesi, EP e 7”). Questi sono i Rollerball, da Portland (Oregon), collettivo sonoro che in occasione del nuovo e omonimo disco si è avvalso del contributo, in una traccia, di Jacopo Andreini (ex Bz Bz Ueu, poi collaboratore di Arrington De Dionyso e dei suoi Old Time Relijun e infine impegnato anche con L’Enfance Rouge) al sax e alla chitarra. La scrittura è assolutamente ispirata, in ciascuna delle dieci tracce, guidando l’ascoltatore lungo un percorso che, prima ancora che musicale (pur se è attraverso le note che esso si compie), sa essere carico di profonda partecipazione sentimentale e drammatica e figlio di una scrittura che mira a far emergere un approccio alla composizione quasi più teatrale che da band tradizionale. Sebbene poi emerga, forse più che in passato, uno stretto legame con un sound meno vincolato alle definizioni (per quanto loro fossero sempre indefinibili), sia quando vanno a interagire con il folk più coraggioso, sia quando rivisitano i dettami del jazz e del rock con la maestria di un chansonnier transalpino, sia quando prendono evidente spunto dalle avanguardie espressive ed espressioniste. Pur se la comprensione di ‘Rollerball’ passa obbligatoriamente attraverso una (vostra) sensibilità innata nei confronti delle canzoni.
Freak Out
Vittorio Lannutti
I Rollerball continuano nella ricerca e nella sperimentazione sonora. Due caratteristiche, queste, che sono sempre stati gli obiettivi della Wallace, che per la seconda volta pubblica un loro lavoro della sterminata discografia (questo è il loro tredicesimo album, oltre ad una decina di Ep e ad una sterminata serie di compilation). La stessa copertina è
emblematica, con quelle uova colorate simbolo sia di estro che di nutrimento dell’anima; metafora assolutamente pertinente, se questa interpretazione è azzeccata, data le profondità e gli intriganti, - e per questo strani - intrecci sonori. Se non conoscete il gruppo di Portland (Oregon) e avete bisogno di sapere qual’è il loro genere, vi do quella di
Mirko Spino, factotum della Wallace, secondo cui è una via di mezzo tra future-folk e dark wave. Tuttavia, potremmo aggiungere free jazz, grazie anche alla partecipazione di Jacopo Andreini, e soul alt-folk-conutry (“The sky in L.A.”).
Ogni definizione va presa con le molle, dato che sono viscidi come un uovo, sfuggenti e difficilmente prendibili, o meglio, nel momento in cui uno comincia a definire un genere, giunge quello strumento e quel cambio di registro stilistico che ti fa cambiare idea per rimetterti in discussione. Prendiamo per esempio “Ba” che parte come una no wave meno frenetica, con intarsi di free jazz ed suoni di varia natura per poi assestarsi con una base musicale tranquilla. O ancora “Doe dar” con quella tastiera penetrante come un pungolo nello stomaco che non vuole andar via, ma che poi si trasforma in un jazz estremamente tanto libero, quanto greve, con accenni di prog per terminare con un canto evocativo.
Spero di avervi fatto comprendere almeno una parte della complessità di questo lavoro.
Onda Alternativa
Enrico d’Amelio
Chiudete gli occhi, sgombrate la mente, il lettino dello psicologo vi sembrerà soltanto un brutto sogno quando d’improvviso nuovi suoni, nuovi ritmi provenienti da terre lontane vi traghetteranno nel mondo dei Rollerball, un mondo dove futuro e passato si fondono in una esperienza new-wave che non ha precedenti. Inutile cercare di ingabbiare la musica di questa band sotto qualche strana etichetta di genere come dark-wave o future-folk, i suoni che ci vengono proposti non possono essere così banalmente minimizzati. L’attenta ricerca di nuove sonorità porta la “Palla rotolante” di Portland ad un nuovo lavoro in studio omonimo che punta deciso allo stike. La famiglia Rollerball non sembra accusare sintomi di vecchiaia e la buon vecchia palla continua a rimbalzare evitando quasi sempre buchi neri senza uscita. Il “quasi” non è scaturito da un movimento involontario della mano ma è un preciso riferimento alle forse troppe divagazioni che incanalano il traffico sonoro in tunnel lunghi e tortuosi : la luce alla fine sarà solo un miraggio, gli attacchi di sonno sono un serio pericolo. Ultimo di dodici album riesce a confermare l’alone mistico che ormai da dieci anni segna la carriera del gruppo. Già dalla prima traccia “Never happy” un muro di suono surreale e ipnotico
investe la mente e confonde le sensazioni creando un ambiente freddo e tetro, solo in un secondo momento riscaldato dall’entrata in scena della voce calda e posata di Mae Starr. Sax e tromba cominciano a gridare il loro spirito soul dalla seconda composizione “Art Dries” che lascia poi spazio in “Doc Nubbins” a un ritmo sincopato suggellato dalla splendida voce di Starr. La tranquilla “Ba” stende il tappeto rosso per la performance vocale di S.Deleon che sembra interpretare un sogno fanciullesco traducendolo in filastrocca. Passando per un ritmo spagnolo in “The sky in L.A.” si approda a “Doe dar” dove è il violoncello ad aprir bocca. La cadenzata marcia in “Cds” si spegne nell’arcobaleno finale di “Water in the Bark”, il temporale fatto di elettronica e free jazz è finito ma basta rimettere il cd per bagnarsi di nuovo di suoni e sensazioni che non si asciugheranno facilmente.
http://www.myspace.com/rllrbll
http://www.wallacerecords.com/bands/rollerball.htm
http://www.myspace.com/theworldofleli
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