RUINS ALONE (Ipecac records, Tzadik)
Tatsuya Yoshida (Ruins, Painkiller) - batteria, voce, elettronica
Tatsuya Yoshida è uno dei più innovativi batteristi/compositori/improvvisatori della scena musicale dell’avant-garde giapponese, nonché il fondatore e batterista dei Ruins, lo storio duo alla base del sound di qualsiasi gruppo jazz core sulla scena oggi. Tatsuya Yoshida inizia a suonare la batteria agli inizi degli anni ottanta. Venticinque anni dopo è diventato un autentico mostro, simile ad una piovra. Attivo in numerosissimi gruppi, ha lavorato con musicisti come John Zorn, Derek Bailey, Bill Laswell, Keiji Haino, Otomo Yoshihide, e ha partecipato a più di 100 CDs.
Tentacolare. Da oltre 25 anni Tatsuya Yoshida è considerato un batterista soprannaturale, esempio massimo della poliritmica più sincopata.
Nel progetto Ruins Alone le elettroniche e i campionatori utilizzati supportano, contengono, smussano la chirurgica iruenza del polipo giapponese.
La sua è una traiettoria nata dal progressive degli anni ´70, a cui congiunge la libertà espressiva del jazz di quel periodo e l´energia del punk. E´ un magma matematico, molto giapponese come approccio, ma unico come risultato.
Un risultato ottenuto senza fare prigionieri. Infatti il progetto Ruins ha lasciato sul campo fior fiore di musicisti.
Ma l´intransigenza è il tratto di Tatsuya Yoshida e gli arrangiamenti complicati che voleva ottenere li ha trovati nel suo socio ideale: sé stesso.
E´ un laboratorio in cui non ci sono più intermediari tra il cervello e le bacchette, in cui le composizioni prendono direzioni sempre diverse.
"Si siede dietro le pelli, schiaccia un pedale e… dà inizio a una delle dimostrazioni di violenza e devianza mentale più radicali e agghiaccianti che io abbia avuto modo di testimoniare in tutta la mia vita. Free grind, noise, jazz, polka, opera lirica (…), industrial, prog, math rock, thrash metal e, beh, più o meno qualsiasi altra cosa sia mai stata prodotta da uno strumento qualunque viene triturata passando attraverso quel colossale frullatore umano che è Yoshida, uniche armi braccia gambe la batteria e un Kaoss Pad azionato seguendo criteri manicomiali. Ogni tanto lancia qualche acuto raccapricciante tra una rullata schizofrenica e l’altra ed è tutto lì, il senso di tutto quanto sta proprio in quei terrificanti gorgheggi da castrato strafatto di assenzio che sembrano parlare un’altra lingua, magari la lingua di qualche orribile mostro lovecraftiano che, sommerso nell’abisso più insondabile, da eoni dorme il suo sonno millenario. È roba pericolosa. Roba che risveglia gli istinti più animaleschi e inconfessati. Che istiga a commettere una strage. Va avanti per venticinque minuti, al termine dei quali nessuno oserebbe pretendere di più, e il silenzio arriva quasi come una ricompensa. Un gigante. "
SAX RUINS (Ipecac Rec.)
Tatsuya Yoshida - batteria, voce
Ono Ryoko - sax
Tatsuya Yoshida torna su Ipecac e riscopre il gusto dell´interplay sul repertorio Ruins dopo anni di solitaria a nome Ruins Alone (ovvero un uomo e le sue ossessioni). Ad accompagnarlo c´è Ono Ryoko, fiatista dal talento multiforme che spazia dal turnismo di studio all´avanguardia sperimentale. Il disco contiene solo tre inediti, due in apertura e uno in chiusura, il resto è tutto un affondo nel catalogo Ruins altezza Pallaschtom (Sonore, 2000) e Tzomborgha (sempre Ipecac, 2002), e cioè un Ruins-modo già maniera, ma al picco della sua efficacia per impatto strutturale e sonoro. Non mancano ripescaggi più vecchi come i classici assoluti Hyderomastgroningem (dal disco omonimo, Tzadik, 1995) e Snare (Vrresto, Magaibutsu, 1998).
I Sax Ruins non aggiungono nulla al percorso di "Yoshi", e sarebbe cosa difficile. Non è questo il loro scopo. Il loro scopo è fare ritrovare al nostro il piacere di rimodellare le proprie personali ossessioni progcore in simbiosi con un altro essere umano. E rivendicare la paternità di certe tendenze facendo esplodere tutto il potenziale jazzcore dei Ruins, introducendo - inequivocabile - il suono del sax. Praticamente un´operazione politica e concettuale. Come già quella che stava dietro alla band madre: la ribellione della sezione ritmica al suo ruolo tradizionale di semplice base.
Il risultato è un´orgia orchestrale (la Ono sovrincide più linee di sax) di jazzcore nella sua accezione più bandistico-circense, scintillante e giocosa, che ricorda fortemente gli Zu quando ancora con Roy Paci. Il maestro che riprende (in tutti i sensi) i propri allievi.
SentireAscoltare
UZ JSME DOMA (Repubblica Ceca)
Fino alla Rivoluzione di Velluto (1989) erano banditi e ritenuti illegali dal regime comunista dell´ex Cecoslovacchia e potevano esibirsi solo in concerti segreti.
Band di culto, residente a Praga, ha collaborato al disco Freak Show ed è stata in tour con The Residents dal 1995 al 2000.
Rumore, distorsione e tempi ossessionanti e convulsi, con improvvise inversioni di ritmo e di stile vi faranno sentire proprio come quanto ci si spiaccica contro un muro dopo una frenata brusca e inaspettata!
I nostri cechi tirano in ballo il punk, l´avanguardia, melodie slave, lo ska, storture sinfoniche e tanta confusione in una deformazione sonora che rimanda al RIO, ai Cardiacs o ai Mr Bungle.
http://en.wikipedia.org/wiki/U%C5%BE_Jsme_Doma
http://www.ipecac.com/artists/ruins
http://magaibutsu.com/mgb/
http://www.uzjsmedoma.com/
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