Figure e suoni nella musica del vicentino
All'interno di Schinche, qui alla sua prima edizione, si vuole dar spazio ad un eterogeneo insieme di musicisti vicentini che, pur nella diversità dei loro percorsi, sono accomunati da una costante volontà di ricerca. Musicisti che si sono mossi in territori dove il rapporto con i generi e le categorie musicali è stato, di volta in volta, rifondato, deriso o negato.
In Schinche c'è anche e soprattutto la volontà d'essere uno spazio per nuove esperienze musicali. Per la prima volta i musicisti presenti hanno potuto conoscersi, discutere tra loro e creare per l'occasione un progetto musicale che chiuderà simbolicamente i due giorni. Per la prima volta si cerca in chi è presente una complicità indispensabile: nella cornice informale del Centro Stabile di Cultura si chiede a tutti di sentire come spesso le strade per conoscere e conoscersi partano da delle deviazioni rispetto ai percorsi più comuni.
Schinche non è e non sarà un festival di musica che si conclude in due soli giorni. Tutti i soggetti che lo compongono, tanto i musicisti quanto il Centro Stabile di Cultura, sono convinti che Schinche avrà raggiunto il suo obiettivo solo se riuscirà a far desiderare che l'offerta musicale non sia solo standardizzata, ma anche realmente nuova.
GIUSEPPE DAL BIANCO - FEDERICO MOSCONI
La musica che propone questo duo di recentissima formazione, si sviluppa in un flusso ininterrotto di suoni, un crescendo strumentale che fonde insieme elettronica e suono delle origini, oriente e occidente; una ricerca sonora costruita attorno al silenzio che si evolve poi, alla fine di ogni brano, in un canto dirompente ed ipnotico. Una dopo l'altra, delle finestre si aprono su paesaggi che ci portano in terre lontane, attraverso evocazioni sonore di particolari strumenti a fiato etnici suonati da Giuseppe Dal Bianco: il khene, l'organo a bocca dei Laos, la fujara, grande flauto a becco slovacco, il bansuri, flauto traverso indiano, il didgeridoo, antichissimo strumento suonato dagli aborigeni australiani. Il suono arcaico e ancestrale di questi strumenti a fiato, dialoga con il suono avvolgente e dilatato della chitarra elettrica di Federico Mosconi, il quale, attraverso l'uso sapiente dell'elettronica, crea sinuosi tappeti sonori e loops infiniti: sonorità che conducono l'ascoltatore attraverso un seducente e magnetico viaggio sonoro, tra primitivo e futuro.
PROTOCOLLO ABBOTT
ADALBERTO BRESOLIN : sax e composizione
ENRICO ANTONELLO : tromba e voce recitante
GI GASPARIN : suoni e illustrazioni
STEFANO PORRO : batteria
STEFANO ANTONELLO : violino
MARIANO DORIA : viola
STEFANIA CAVEDON : violoncello
ELENA TRENTO : danza e coreografia
'Flatlandia' è un testo singolare e sorprendente apparso anonimo nel 1882 e ormai considerato un classico della letteratura fantastica, oltre che una delle prime riflessioni sulla quarta dimensione. Noi ne abbiamo ricavato una rappresentazione costruita con musiche originali, letture tratte dal testo e movimento danzato.
'Flatlandia' è uno di quei testi che quando li leggi senti il desiderio di immaginarne l'autore: chi poteva essere questo rev. Abbott, difficile dirlo in quanto su di lui poco è stato scritto, anche perché si tratta di un romanziere anomalo. Flatlandia infatti è l'unico romanzo da lui scritto, per il resto si occupò di manuali scolastici e opere teologiche. Il rev. Abbott quindi non fu un autore di romanzi ma qulcosa d'altro. Questo tentativo di cogliere la tensione che può aver spinto un autore di opere, morali e didattiche, ad affrontare i mondi paralleli che appaiono in Flatlandia muove tutto lo spettacolo, che non vuole quindi essere la rappresentazione fedele di un testo.
Attraverso musica, danza, lettura, ci piacerebbe riuscire a lanciare sprazzi di luce, lampi liquidi ed intermittenti su mondi paralleli che circondano l'essere. Un po' ambizioso come progetto, lo ammettiamo, ma possibile, forse, con l'aiuto del rev.Abbott: noi tutti agiamo al suo servizio come 'modesti chierichetti'!
Mettendo assieme diverse esperienze e sensazioni musicali che vanno dalla musica classica al jazz, dal rock all'avanguardia, dalla musica contemporanea al genere etnico, abbiamo cercato dei passaggi sonori verso le altre dimensioni narrate dal rev. Abbott, aiutati in questo intento dall'interpretazione in movimento della danzatrice. Il testo di Abbott è in realtà un omaggio al movimento ed il movimento, inteso come ricerca di qualcosa d'altro è quello che cerchiamo di rappresentare. Non ci sono migliori parole da usare per sintetizzare tutto ciò che abbiamo cercato di illustrare di quelle del rev. Abbott a pag.140 del suo flatlandia:
-L'essere soddisfatti di sé significa essere vili ed ignoranti ed è meglio aspirare a qualcosa che essere ciecamente ed impotentemente felici-
GABRIELE GROTTO QUARTETTO
GABRIELE GROTTO : batteria
MARCO RONZANI : sax contralto, sax soprano, clarinetto
MICHELE ZATTERA : chitarra elettrica
DIEGO REGHELLIN : basso
Il quartetto, diretto da G.Grotto, esegue composizioni originali, la cui improbabile descrizione potrebbe comprendere un'ibridazione tra: avanguardia jazz, liscio, psichedelia.
ALBERO MATTARUCCO
flauti a becco, duduk armeno, bansuri indiano, voce (canto difonico), sintetizzatore, tape, campana e cembali tibetani, scacciapensieri (orig. Vietnam).
Musicista bassanese ha frequentato i corsi di pianoforte e armonia, presso la Scuola Jazz Bassano. Nel 1983 scopre la Musica Minimale Americana degli anni ’60 e ’70 e da quel momento ne inizia uno studio approfondito.
Il concerto in programma è incentrato sull’esplorazione di espressioni culturali ed artistiche che si allacciano al Minimalismo mistico Americano degli anni ’60 e ‘70 e alla World Music meditativa. La musica che ne scaturisce rappresenta un punto d’incontro tra queste culture.
Il fluire dei suoni mettono in rilievo una propensione naturale per il continuum sonoro (Drones, suoni sostenuti a lungo), l’improvvisazione, la ricerca timbrica strumentale e vocale, patterns melodici che si ripetono, si mescolano e variano nella misura e nel timbro. Al contenuto armonico vengono sovrapposti anche i suoni della natura che nell’insieme generale evidenziano un sostanziale interesse per la ricerca elettroacustica e l’ambiente naturale.
SgrenaiSàde
ADALBERTO BRESOLIN : Sax tenore
ENRICO ANTONELLO : Tromba, Flicorno
GI GASPARIN : Chitarra elettrica, Voce
STEFANO PORRO : Batteria
GIORGIO MANZATO : Basso elettrico
Il gruppo è formato da musicisti che provengono da esperienze musicali molteplici e diverse quali il jazz, la musica fusion, il rhytm’n’blues, la musica brasiliana, la musica etnica, la musica classica, il rock. Il repertorio che propone è costituito da brani originali che spaziano dalle sonorità popolari-folkloristiche alla musica colta con divagazioni jazzistiche, con l'intento non di presentare in modo eclettico il panorama dei generi esistenti ma di fonderli per ottenere un nuovo stile sonoro. L'impatto sonoro è anomalo rispetto ai gruppi tradizionali; importante in molti brani l'utilizzo della voce e della parola usate come ulteriore strumento.
ROBERTO DANI & SCHINCHE ENSEMBLE
ROBERTO DANI : batteria, composizione
GABRIELE GROTTO : batteria
DIEGO REGHELLIN : basso el.
MARCO RONZAN : sassofoni, clarinetto
ADALBERTO BRESOLIN : sax tenore
MICHELE ZATTERA : chitarra el.
GI GASPARIN : chitarra el.
Formazione creata appositamente all'interno del Festival, riunisce alcuni dei musicisti già presenti nelle formazioni in programma.
Inteso come vero e proprio laboratorio, lo Schinche Ensemble punta ad una ricerca a partire dalla frammentazione del proprio organico per arrivare ad una ricomposizione, frutto del dialogo fra i piccoli gruppi interni all’ensemble.
E' proprio per la natura del progetto che Dani ha pensato di condurre questo organico inedito. Inedite saranno anche le composizioni scritte appositamente per l'occasione dal batterista vicentino.
ROBERTO DANI
Roberto Dani , fin dagli inizi della sua carriera, ha portato avanti una particolare e personalissima ricerca musicale della batteria, esplorando le infinite possibilità timbriche e melodiche di questo strumento spesso relegato ad un ruolo esclusivamente ritmico.
Grazie all’aggiunta di piccole percussioni e di semplici oggetti o materiali da lavoro, la batteria diventa poi una tavolozza da cui attingere per creare nuove combinazioni ed esasperare le dinamiche sonore.
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