Sightings, ossia uno dei nomi più temibili dell’american noise, un trio chitarra-basso-batteria che ormai da sei album tormenta un manipolo di folli appassionati e sprovveduti ascoltatori. La missione del gruppo sembrava essere il puro stordimento del pubblico, un suono feroce, ultracompresso, dai volumi assassini; un suono che si concretizzava in bestiali pugni allo stomaco e che senza tanti scrupoli andava a riempire i primi tre album del gruppo.
Poi nel 2004 il sorprendente “Arrived In Gold” spiazzò un po’ tutti. Gli insani volumi di registrazione, che praticamente da soli componevano la musica dei Sightings, sembravano scomparsi, inoltre l’affiancamento dell’elettronica alla strumentazione del trio serviva a filtrare e trasfigurare il sound tanto da non essere sempre in grado di distinguere gli strumenti. Ma probabilmente era un cambiamento troppo netto e improvviso anche per gli stessi Sightings, tanto che con “End Times” i tre ritornarono nel comfort del rumore dal quale si erano momentaneamente allontanati.
Ma qualcosa ha continuato a fermentare nelle menti del gruppo, quei momenti di “Arrived in Gold” nei quali sembravano dei This Heat invitati al No Fun Fest probabilmente erano troppo stimolanti per essere lasciati lì quasi fossero degli incidenti di percorso.
Già da subito si capisce che “Through The Panama” è un’altra svolta radicale del trio, “A Rest” sembra riaggiornare il linguaggio dei Big Black: ritmica killer, chitarra passata alla mola smeriglia, basso dub e un cantato sempre sull’orlo di esplodere.
Gli altri brani, a parte “Degraded Hours”, una divagazione ambient-industriale che fa storia a sé, proseguono su questo solco, ora enfatizzando la meccanicizzazione di una batteria che di umano aveva già ben poco (“Cloven Hoof”), ora facendo esplodere la rabbia fin lì trattenuta (“This Most Real Of Hells”), ora tentando un’impossibile unione di noise e velleità da classifica (“Debt Depths”o la cover di Scott Walker “The Electrician”).
Quello che colpisce del disco, oltre alla cura maniacale del suono, è l’immediatezza, un assurdo appeal che rende “Through The Panama” un disco affascinante anche per chi non è un frequentatore abituale di questi territori.
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RECENSIONI
Col precedente "End Times", i Sightings erano tornati alla furia cacofonica del periodo "Michigan Haters"; ma già l´aperitivo di questo "Through the Panama" non lascia dubbi: A Rest è una meraviglia di suoni contraffatti+voce monocorde+meccaniche a vapore che rimanda inevitabilmente a quel semicapolavoro chiamato "Arrived in Gold", anno 2004.
Non solo: quando interviene Debt Depths il risultato è un noise-dub caracollante e sfasciato, gli strumenti (ricordiamolo: un classino trio chitarra/basso/batteria) resi irriconoscibili da una coltre di riverberi, delay e distorsioni, ma comunque - perchè no? - cantabile, e anzi persino ballabile: roba che certo muove prima l´intestino che i fianchi, ma tant´è.
L´ultimo album del trio newyorchese è insomma il più accessibile tra quelli fin qui pubblicati: è un disco di canzoni, come in fondo i dischi dei Sightings sono sempre stati, ma al solito è anche un disco doloroso, acido, rovinato.
Le incursioni rumoristiche, seppur trattenute in architetture pericolanti, non mancano: lo strumentale Cloven Hoof, gli squarci industriali di This most real of hells e Certificate of no effect, l´hardcore esploso della tittle-track, sono tutte detonazioni dal suono oramai classico, un marchio di fabbrica che dice buio metropolitano, lerciume da vicolo cieco, scorie e ferite biomeccaniche, quasi che a prendere in mano gli strumenti non fossero tre individui di Brooklyn ma le ombre, la ruggine, l´ambiente stesso della città al collasso.
E poi c´è il funk tribale di Perforated, il notturno spettrale di una cosa come Degraded Hours, nonchè, direttamente dal catalogo Scott Walker, i deliqui tra This Heat e Birthay Party di The Electrician.
La chitarra di Mark Mogan è una delle più geniali in circolazione, la sezione ritmica della coppia Hoffman/Lockie un´ideale trasmutazione di qualche battito ferino, e non bastasse a chiudere ci pensa Black Peter, una specie di cavalcata techno che sembra il catalogo Basic Channel passato al frullatore.
Grandissimo disco, e i Sightings non fanno altro che confermare di essere una delle realtà più belle, dannate e preziose degli ultimi anni.
(8) Blow Up
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Through The Panama (Load-CD/Ecstatic Peace-LP, 28 ottobre 2007) di Gaspare Caliri Ondarock
Through The Panama si mangia, in un carnevale di rumore, tutte le chiacchiere fatte attorno ai Sightings, alla loro formazione basso-chitarra-batteria, alla loro tecnica di camuffamento degli strumenti, al supposto utilizzo di ausili elettronici. Quel che conta in questa manifestazione di disforia rumorista è l’impatto del risultato, la forza d’urto che sì, è fisica, ma non si radica nelle interiora, come spesso avviene, ma nel cervello.
Non c’è inquietudine, o oscuro scrutare il mondo – nonostante la voce di Mark Morgan ricordi, quando si sdoppia in un simil-duetto (A Rest), la depravazione vocale dei Christian Death. Non c’è neanche concettualismo puro, sebbene non manchino (Cloven Hoof), nei colpi di batteria di Jonathan Lockie, riferimenti tamburistici alle sinfonie di Branca; ma già ci avviciniamo. Incrociamo piuttosto i dati acquisiti con The Electrician , cover splendidamente integrata nientedimeno che di Scott Walker (formalmente comparsa in uscite dei Walker Brothers, ma la firma è solo sua); ascoltandola non ci siamo mai resi conto di quanto i Throbbing Gristle possano essere accostati con successo a una qualsiasi wave.Avviene quindi una dilatazione che costruisce – quasi fosse un ambiente (Degraded Hours) – l’universo industriale come sfondo, Einstürzende compresi (Certificate Of No Effect), ma non d’assalto, ma di orientamento della percezione – ancora una volta i TG sono vicini. Detto diversamente, e molto più semplicemente, si tratta di trucchi riusciti di produzione. Se nei dischi precedenti i Sightings cercavano di tirar fuori la maggiore dissimulazione possibile dall’interno del classico terzetto batteria, chitarra e basso, con l’uso estremo degli strumenti stessi (sostanzialmente in regime di lo-fi); ora il filtro significante è produttivo; non si stupirà dunque il lettore se gli viene confessato che il produttore di Through The Panama è tal Andrew W.K., scelta meditata, del giro Wolf Eyes.
Tutto ciò va detto tenendo conto di un fatto, ovvero che la sostanza qui c’è ed è molta. La finale Black Peter cavalca un tema batterico (batteristico, ma malato) in un modo molto simile alla drum machine dei Big Black, ma con staffilate di chitarra alla Arto Lindsay, con la follia di un derviscio che batte i piedi e fa la danza della pioggia di sangue. Insomma, troppi colpi da maestro in questo disco per lasciare indifferenti. Alla fine alzi la mano chi ritiene importante sapere se davvero qui dentro ci sono solo chitarra, batteria e basso. (7.5/10)
Ricondotti alla fervida scena del free-noise statunitense, i Sightings amano, invero, definirsi una band di trashy-artsy-fartsy-punk , chiamando in causa, quali numi tutelari, Yoko Ono, i Fushitsusha, i Cabaret Voltaire, il kraut-rock, i Led Zeppelin, la prima fase dell´industrial e via di questo passo.
Un suono, il loro, che sa amalgamare, spappolandoli, sintassi musicali anche esteticamente molto distanti tra loro. Il terzetto newyorkese, infatti, giunto al quarto album, dimostra una capacità di sintesi che ha dell´incredibile, nonostante la loro proposta sia ancora lontana dal potersi definire un momento imprescindibile nell´evoluzione del rock.
Mark Morgan (voce e chitarra), John Lockie (batteria) e Richard Hoffman (basso) ne suggellano, comunque, ognuno mediante un utilizzo "trasfigurante" del proprio strumento, una sorta di declassamento cubista, roba che se immaginate i Dead C più astratti alle prese con qualche scheggia impazzita proveniente dalla galassia Throbbing Gristle vi sembrerà leggermente più familiare.
http://www.myspace.com/sightings
http://www.sentireascoltare.com/CriticaMusicale/Monografie/Sightings.htm
http://www.loadrecords.com
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