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Thirteen Cosmic Standards by Sun Ra & Funkadelic
Spaceways Incorporated (Atavistic - USA - 2000)
Maurizio Comandini
(per gentile concessione di All About Jazz)
Uno potrebbe chiedersi cosa c'entri Sun Ra con i Funkadelic di George Clinton, cosa c'entri la 'comune' del bizzarro tastierista, grande sperimentatore tra la musica e la cosmologia, e la versione alternativa al funky dominante (quello di James Brown, per intenderci...). Eppure la contraddizione nell'accostamento di materiali provenienti da queste due fonti é assolutamente inesistente. L'ascolto di questo ottimo album ce lo dimostra nel modo più diretto possibile, facendo parlare la musica stessa che scorre via senza dare segni di pendere da una delle due parti.
E poi... a pensarci su, il ruolo svolto da George Clinton nella comunità funky nera non é molto dissimile a quello del santone Sun Ra nella comunità della musica jazz nera più radicale, dagli anni cinquanta ad oggi. Anche Clinton ha una sua cerchia di adepti, musicisti che lo seguono incessantemente dagli inizi della sua carriera, assolutamente pronti ad assecondare il leader in tutte le manifestazioni che la sua vena creativa rende concrete. Due leader molto forti, alle prese con correnti parallele rispetto ai modelli dominanti nei rispettivi territori musicali. Due leader assolutamente alternativi, radicali, decisamente 'contro' la centralità e le consuetudini, spesso in contrasto con l'industria discografica dominante che ha fatto di tutto per non prenderli in considerazione.
Ken Vandermark fa dell'eclettismo la sua cifra stilistica principale e mette assieme questo progetto un po' pazzo, con l'aiuto degli eccellenti Hamid Drake e Nate McBride, su suggerimento del giornalista John Corbett, di Down Beat. Dopo alcune sedute di prova, viene organizzata una serata all'Empty Bottle di Chicago per un concerto non pubblicizzato che comunque attira l'attenzione di moltissimi appassionati. E, subito dopo, il gruppo va in sala di incisione per produrre questo bellissimo album. Per mantenere la fisicità del suono prodotto da queste tre macchine spara note si decide di rimanere nel campo dell'analogico e la registrazione avviene direttamente su nastro magnetico da due pollici, senza scomodare le tecniche digitale ormai imperanti.
E il suono é davvero saturo, potentemente funky senza perdere quelle connotazioni free che da sempre caratterizzano il percorso stilistico di questi tre musicisti. Nate McBride si alterna al basso acustico e al basso elettrico usando normalmente il primo per i brani di Sun Ra e il secondo per quelli dei Funkadelic che mostrano un impianto ritmicamente più scarno e più imperniato sulla potenza. Ken Vandermark é assolutamente corrosivo sin già dall'esposizione dei temi, spesso semplici riff ribattuti ed elaborati, e forza come un dannato la gamma timbrica dei suoi strumenti a fiato, a caccia di quella elettricità che non fa parte del suo arsenale. Hamid Drake picchia duro e spinge come un dannato per tirare fuori tutto il succo dal limone. In certi momenti, quando Vandermark, li lascia soli, i due ritmi si calano in piccoli frammenti che funzionerebbero alla perfezione nelle lande del bass & drum più modaiolo. Ma poi McBride tira fuori l'archetto e ci troviamo catapultati senza soluzione di continuità nei territori della musica sperimentale creativa più affascinante.
Spesso Vandermark si blocca su piccoli riff ribattuti e assume una funzione più ritmica che solistica, rimandando all'uso dei fiati fatto nel Rhythm and Blues degli anni cinquanta. Certo, questo avviene con una forzatura timbrica più accentuata rispetto all'originale, ma rispettando appieno la funzionalità richiesta alla sezione fiati da questo tipo di musica. L'effetto che ne viene fuori, vista la slabbratura timbrica provocata ad arte, é quello di dare la sensazione che si stia ascoltando una sezione di fiati, anziché un solo strumento. Del resto l'aspetto muscolare utilizzato in versione creativa e intelligente é proprio uno degli elementi peculiari che Vandermark ha portato sulla scena jazzistica contemporanea della quale é certamente uno dei musicisti di punta.
Valutazione: * * * * *
Version Soul
Spaceways Incorporated (Atavistic - USA - 2002)
Enrico Bettinello
Tra le osservazioni che più di frequente si incontrano quando si sente parlare della attuale scena impro-jazz c'è quella che molte proposte sembrano sfuggire ad ogni intento definitorio [e beate loro, diciamo noi!], che gli artisti si sono dispersi in mille rivoli stilistici, che la naturale attitudine alla sintesi della materia jazzistica si ricicla come pezza giustificativa di qualsiasi 'innesto' sonoro, indipendentemente dalla sua pertinenza.
Volendo osservare la questione con un po' più di apertura, sembra piuttosto assumere una certa importanza e centralità il fatto che gli artisti più giovani e creativi, non solo hanno portato avanti interessi musicali paralleli al jazz [in qualche caso sostituendolo], ma hanno anche una naturale propensione a reagire agli stimoli di ogni natura, propensione facilitata dal fatto di operare in un'epoca di pressochè totale reperibilità e accesso a qualsivoglia fonte sonora.
La cosa si nota anche nel caso di una formula tutt'altro che originale quale il trio sax-basso-batteria, ma dentro alla cui musica gli Spaceways Inc. - rispettivamente Ken Vandermark, Nate McBride e Hamid Drake - riversano tutta una serie di riferimenti [e talvolta relative dediche in questo nuovo Version Soul], come già avevano fatto in passato, quando avevano omaggiato Sun Ra e George Clinton
Qui si spazia dal dub al funk, al jazz con grandissima coerenza, a partire dalla iniziale 'Back of a Cab', dedicata a una figura centrale della musica giamaicana come Jackie Mittoo, seguita da un delizioso omaggio a Serge Chaloff, con un Vandermark insolitamente cool al baritono; davvero speciale anche l'omaggio al batterista dei Meters, Joseph 'Zigaboo' Modeliste, un funk stilizzato, anche se completo di ogni tensione emotiva, ma sono oggetto di dedica anche Mark Rothko e Frank Wright, in due composizioni che mettono in risalto - rispettivamente - un lirismo notturno al clarinetto e un tenore rabbioso.
Alcuni brani sono a firma del bassista Nate McBride [molto riuscita 'Journeyman'], che si mette anche in luce in alcuni momenti solistici di grande intensità e per la costante presenza 'al centro del groove', cosa che, accanto a un batterista superbo sia tecnicamente che spiritualmente come Drake, garantirebbe già di per sé la riuscita della musica.
Se a questo aggiungiamo che Ken Vandermark sembra trovare in questa formazione un equilibrio espressivo particolarmente felice - cosa non sempre facile, visti i tanti progetti in cui è coinvolto - Version Soul diventa un rilevatore del tutto realistico delle possibilità che le continue sintesi della scena impro continuino a garantire al jazz quello che per natura è il suo miracolo.
Alla faccia dei 'file under'!
Valutazione: * * * *
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