Duccio Boschero ha 33 anni e non è felice. L’inquietudine, come direbbe Pessoa, può essere un peso intollerabile oppure una compagna di vita, tanto sgradevole quanto insostituibile. E Duccio parte, in treno. Verso un Portogallo dall’orizzonte oceanico, illimitato e che spera rigenerante. Quello che è iniziato come una fuga diventa un ritorno, il nostos di Odisseo, un necessario bringing it all back home. O come suggerisce un personaggio del romanzo:
“Il solo viaggio che vale intraprendere è quello capace di riportarci a casa”.
Stefano Giaccone è considerato uno dei più rilevanti musicisti della scena indipendente italiana con una storia artistica affollata di eventi ed esperienze sia come solista sia in gruppo.
Nasce nel 1959 a Los Angeles ( USA); nel 1966 si trasferisce in Italia, a Torino; si avvicina alla musica nel 1973, imparando da autodidatta a suonare il sax, la chitarra e a cantare. Dopo alcune esperienze iniziali nel 1982 è tra i fondatori dei "Franti" , "forse il più importante gruppo underground degli anni ottanta in Italia" (Enzo Gentile e Alberto Tonti, Dizionario del Pop-Rock, Baldini & Castoldi, 1999).
Definire i Franti risulta ancora oggi molto arduo: fondamentalmente potrebbe essere definito un gruppo hardcore folk aperto al jazz, alla ricerca e a mille altre componenti; certa è la sua attitudine al punk: ma in pratica i Franti restano inclassificabili. Si tratta in definitiva di un vero e proprio laboratorio dove un moto trasversale, attraversando musica, politica e vita, si dirige verso una ricerca "oltre" l´esiguo recinto dell´esistenza.
Nel corso degli anni sono diventati un gruppo di culto sia per la loro produzione musicale, sempre ad alti livelli, sia per il modo di essere e presentarsi : il baricentro è costituito dalla autogestione e dalla autoproduzione, l´ambiente naturale sono i centri sociali e le feste libertarie in tutta Italia. Intorno ai Franti si è creato un alone di mistero, che il tempo non fa che accrescere.
I Franti si sciolgono nel 1987, ma dalla loro storia originano nuove esperienze, in costante espansione centrifuga, nelle quali convergono quasi tutti i componenti del gruppo (oltre a Giaccone citiamo la cantante Lalli): nascono così gli Environs, gli Orsi Lucille, gli Howth Castle, gli Ishi.
Inoltre, dal 1990 al 1993, Stefano collabora con i Kina, una delle bande punk italiane più note; dal suo incontro col pianista Claudio Villiot nasce nel 1995 il jazz-reading "Corpi sparsi", grazie al quale Stefano ha l´opportunità di lavorare per due anni al Teatro dell´Elfo di Milano nello spettacolo "Addio papà respiro", dedicato al poeta della beat generation Allen Ginsberg. Finalmente nel 1997 Stefano pubblica "Le stesse cose ritornano" (on/off), il suo primo lavoro solista, sotto lo pseudonimo di Tony Buddenbrook. Da qui (ri)parte la sua carriera di cantautore, costellata di numerose collaborazioni in Italia ed all´estero, seppure svolta all´interno della scena indipendente.
Il suo cammino è da sempre guidato dall´indipendenza morale e materiale, che rendono sincero e sensibile l´artista.
VIPER SONGS
"Raccontare la genesi, il crescere di un lavoro discografico potrebbe essere utile, soprattutto per noi che ne siamo gli autori. Mi è capitato di entrare con maggiore precisione emozionale in mie canzoni, come facendo uso di una “sonda semantica”, anni dopo averle scritte. Non è una novità. Scrivere canzoni è la cosa più vicina al sognare che conosco, anche quando si tratta di temi realistici, di attualità, personali. Questo album nasce da un incontro, tra due uomini adulti, entrambi dediti, in ambiti diversi e esperienze professionali dissimili, alla Parola. La canzone, una micro-storia di fatti e emozioni con accordi di chitarra o piano, e il Teatro. Entrambi scriviamo, storie brevi, poesie, romanzi. Entrambi suoniamo la chitarra (acustica io, flamenco Peter), entrambi siamo appassionati di jazz e blues. Questa è la nostra Madre Lingua,forse più di quelle che usiamo per parlare, italiano, inglese, tedesco o spagnolo. Peter aveva suggerito di provare a rendere alcune mie canzoni in lingua inglese. Abbiamo scelto l’album del 1998 “Le stesse cose ritornano" (uscito a nome Tony Buddenbrook) e da esso tre brani: “Il sarto”, “L’uomo sulla luna” e “La vena d’oro”, perché Peter trovava all’interno delle liriche la storia di un medesimo personaggio, nel suo Tras Os Montes della vita. Il personaggio potrebbe essere il sottoscrittto, ma sarebbe una bugia, come tutte le canzoni, tutte le poesie. Siccome “non dare falsa testimonianza” è un comandamento della Chiesa, e di essere comandato non mi è piaciuto mai, allora scrivo. Canzoni, poesie e letteratura sparsa. Il lavoro sulle tre canzoni iniziali in realtà è risultato più un riscrivere, un “ripassare dentro antiche acque”. I possessori dell’album originale del 1998 troveranno in questo libretto, oltre al nuovo testo inglese, una nuova traduzione. Poiché ora sono diventate canzoni nuove, cantate con una Lingua nuova e venti anni dopo (o più indietro? o di lato?). Peter nel frattempo mi consegnava due storie brevi, scritte da lui. Vi rimando alla sua biografia, per una conoscenza più approfondita. Io mi limito a dire di un incontro, artisticamente e umanamente fondamentale, di enorme ispirazione. Si è deciso a quel punto di mettere insieme un album di testi recitati, canzoni, suoni ma soprattutto la presenza emozionante di musicisti e amici di vecchia e nuovissima data. Dylan Fowler, Frankie Armstrong, Max Brizio, Gillian Stevens, Margaret Brett, Aite Tinga, Dave Newell e Cheryl Christopher. Il primo album, pensato, scritto e registrato interamente in inglese. Il fatto ha creato uno scarto interiore tra me, ma penso di poter dire anche Peter, e il suono/semantico delle parole. Il risultato, che ci è apparso evidente solo durante la lunga lavorazione, è stato quello di creare una sorta di “terra/lingua franca”, dove poter situare la memoria di un uomo giovane, maturo e anziano. O se volete di vari personaggi accomunati da un sentiero in quota o sulla costa, ma sempre un sentiero nel mondo: la sua gente, la sua miseria e la meraviglia del vivere" . Stefano Giaccone
"stefano è conosciuto, più che per la sua produzione da solista (una dozzina tra singoli, dischi e cd) per aver fatto parte dell’open group franti, attivo negli anni ottanta e recalcitrante alle definizioni di stile come alle influenze, riconosciuto come l’espressione più libera ed originale del rock indipendente italiano di allora. a un certo punto franti è scomparso, ma è rimasto vivo in altre formazioni, incroci e collaborazioni che perdurano tutt´oggi. stefano, che di franti era una delle teste oltre che voce e sassofonista, dopo una collaborazione con gli anarcopunks aostani kina, ha continuato a percorrere una strada musicale tutta sua, tracciata in grande parte nei territori della canzone d´autore e con una voglia addosso di sperimentare che s´è spesso trasformata in necessità espressiva primaria.
a volte, stefano s´è fermato sul ciglio della strada a raccontare le sue storie personali di ieri e, volentieri, a mettere addosso la sua voce e le sue mani a canzoni scritte da altri. per quel che conosco, non me la sento di dire che stefano si trova a suo agio davanti a un microfono e con una chitarra in mano: direi piuttosto che questa situazione spinge a tavoletta il pedale dell´acceleratore delle sue nevrosi e serve a far prendere alle sue parole una certa temperatura. quel che viene fuori dalle sue canzoni è un continuo girovagare agitato tra i versi, un intermittente sentirsi mal sintonizzato con tutto il mondo intorno, un sentirsi "spostati" e a disagio tra occasioni sprecate e cose che non s´è trovato modo di dire, o che si è arrivati a dire troppo tardi, o troppo male, con le parole sbagliate.
molte canzoni di stefano danno fastidio perchè incapaci a offrire poesia tradizionale, o un sogno di speranza, o un qualchecosa di sentimentalmente commestibile. i suoi versi sono immagini reali in cui specchiarsi, e rimandano indietro un quadro complessivo di indecisione e precarietà, di sbagli e meschinità perchè parlano di cose che succedono e che era meglio non fossero successe. altre sono dialoghi con gli spettri, da victor jara a carlo giuliani all´amico ritrovato all´innamorata forse mai stata tale. altre sono sogni ad occhi aperti, sogni non realizzati né realizzabili che fanno riassaporare il gusto amaro della sconfitta, della frustrazione, della lontananza. questa sua essenziale fragilità, perchè di questo alla fine si tratta, a volte si veste di aggressività, e allora ecco che stefano pesta la grancassa e fa la voce grossa, ecco che stefano scrive usando la penna come una lama tagliente come se avesse sulle spalle tutto il peso del mondo, ecco che stefano s´incazza e ti manda affanculo e ti volta le spalle e se ne va via per poi richiamarti due giorni dopo, la voce mista di sorrisi e nebbiolo e amicizia vecchia (quell´amicizia che profuma di casa, che non si scioglie neanche con la grande distanza geografica, o con una diversa opinione, o con un prestito mai restituito).
è per tutto questo che gli voglio bene: per il suo modo così incasinato di essermi assieme amico/compagno e controparte, per il suo giocherellare con i sentimenti così distante dalla mia pratica eppure così ossessivamente familiare come il susseguirsi delle stagioni, per il come sa mettere in fila le parole una dietro l´altra in una collana dentro una poesia o un testo qualsiasi facendogli prendere fuoco (ed è questa la qualità che più gli invidio).
stefano nasce a los angeles nel marzo 1959 da genitori italiani emigrati per lavoro negli stati uniti; la famiglia torna in italia, a torino, nel 1966. inizia da autodidatta a suonare nel 1973 in situazioni musicali diversissime che lo portano, giovanissimo, a suonare in giro in italia ed europa. verso la fine degli anni settanta è tra i fondatori del gruppo luna nera, che in breve si evolve in franti. in collaborazione con lalli, la voce femminile di franti, realizza concerti e registrazioni con nomi e formazioni diverse, tra cui environs, howth castle (molto amati da thurston moore, che li ha voluti ad aprire un concerto milanese dei sonic youth), yuan ye, orsi lucille.
nel 1995, in collaborazione con il pianista claudio villiot (environs, ishi) ha presentato in tour e pubblicato il jazz-reading “corpi sparsi”. a questa esperienza segue quella di “papà respiro addio”, lo spettacolo del teatro dell’elfo di milano dedicato ad allen ginsberg, sommo poeta della beat generation allora appena scomparso. il suo primo album da solista (per il quale stefano usa però lo pseudonimo tony buddenbrook) si intitola “le stesse cose ritornano”, al quale seguono i brevi “ospiti immortali sono arrivati” e “la terra difficile” (una trilogia ideale di cui la terza ed ultima parte, "alchemetry" è tuttora inedita).
dal 1998 stefano si trasferisce in gran bretagna, dapprima a londra quindi a cardiff, dove si sposa con rachel e ha due figli, talee e il piccolo dante. nel 2003 esce l´album “tutto quello che vediamo è qualcos’altro” (ed. santeria), realizzato con la collaborazione del grande chitarrista gallese dylan fowler e registrato in parte in inghilterra con clive painter e in parte in italia con gigi giancursi dei perturbazione. l´anno successivo esce un suo lavoro in coppia con mario congiu, valente autore e polistrumentista torinese, dal titolo “una canzone senza finale” (ed. santeria): si tratta di un omaggio alla canzone d´autore italiana in cui stefano e mario rivisitano a modo loro pezzi di nomi "ingombranti" tipo fossati, guccini e de gregori, misti a nomi più piccoli e più nuovi come paolo manera, lalli e perturbazione. nel 2004 stefano partecipa al festival della musica di mantova. nel 2005 scrive il monologo "la canzone finale", commissionato da gigi giancursi dei perturbazione, direttore artistico del festival "casseta acustica" di torino. nella primavera 2006 esce "tras os montes" (ed. la locomotiva), un´opera assai profonda e matura, realizzata in collaborazione con dylan fowler.
l´uscita più recente è "come un fiore", un lavoro collettivo "sulla morte, sul morire: di solitudine, di isolamento, di poverta´, di droga, di vuoto" realizzato con tommi cerasuolo e gigi giancursi (perturbazione), dylan fowler etc.
ci sono sue canzoni e sue poesie in dozzine di libri e raccolte, e ci sono la sua voce, la sua chitarra e/o il suo sax in altrettante dozzine di dischi autoprodotti del sottobosco italiano, da mirafiori kidz a teatro quotidiano, da perturbazione a gronge."
Marco Pandin - A Rivista
http://www.la-locomotiva.com
http://www.anarca-bolo.ch/stella_nera/franti%20estamos.htm
http://www.succoacido.it/uscite/numero%2018/giaccone.html
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