Testi VOLUME III (1968)
LA CANZONE DI MARINELLA
Questa di Marinella è la storia vera
che scivolò nel fiume a primavera
ma il vento che la vide così bella
dal fiume la portò sopra a una stella
sola senza il ricordo di un dolore
vivevi senza il sogno di un amore
ma un re senza corona e senza scorta
bussò tre volte un giorno alla sua porta
bianco come la luna il suo cappello
come l´amore rosso il suo mantello
tu lo seguisti senza una ragione
come un ragazzo segue un aquilone
e c´era il sole e avevi gli occhi belli
lui ti baciò le labbra ed i capelli
c´era la luna e avevi gli occhi stanchi
lui pose la mano sui tuoi fianchi
furono baci furono sorrisi
poi furono soltanto i fiordalisi
che videro con gli occhi delle stelle
fremere al vento e ai baci la tua pelle
dicono poi che mentre ritornavi
nel fiume chissà come scivolavi
e lui che non ti volle creder morta
bussò cent´anni ancora alla tua porta
questa è la tua canzone Marinella
che sei volata in cielo su una stella
e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno , come le rose
e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno come le rose.
IL GORILLA (spartito in fondo alla canzone)
Sulla piazza d´una città
la gente guardava con ammirazione
un gorilla portato là
dagli zingari di un baraccone
con poco senso del pudore
le comari di quel rione
contemplavano lo scimmione
non dico dove non dico come
attenti al gorilla !
d´improvviso la grossa gabbia
dove viveva l´animale
s´aprì di schianto non so perché
forse l´avevano chiusa male
la bestia uscendo fuori di là
disse: "quest´oggi me la levo"
parlava della verginità
di cui ancora viveva schiavo
attenti al gorilla !
il padrone si mise a urlare
" il mio gorilla , fate attenzione"
non ha veduto mai una scimmia
potrebbe fare confusione
tutti i presenti a questo punto
fuggirono in ogni direzione
anche le donne dimostrando
la differenza fra idea e azione
attenti al gorilla !
tutta la gente corre di fretta
di qui e di là con grande foga
si attardano solo una vecchietta
e un giovane giudice con la toga
visto che gli altri avevan squagliato
il quadrumane accellerò
e sulla vecchia e sul magistrato
con quattro salti si portò
attenti al gorilla !
bah , sospirò pensando la vecchia
ch´io fossi ancora desiderata
sarebbe cosa alquanto strana
e più che altro non sperata
che mi si prenda per una scimmia
pensava il giudice col fiato corto
non è possibile, questo è sicuro
il seguito prova che aveva torto
attenti al gorilla !
se qualcuno di voi dovesse
costretto con le spalle al muro ,
violare un giudice od una vecchia
della sua scelta sarei sicuro
ma si dà il caso che il gorilla
considerato un grandioso fusto
da chi l´ha provato però non brilla
né per lo spirito né per il gusto
attenti al gorilla !
infatti lui, sdegnando la vecchia
si dirige sul magistrato
lo acchiappa forte per un´orecchia
e lo trascina in mezzo ad un prato
quello che avvenne fra l´erba alta
non posso dirlo per intero
ma lo spettacolo fu avvincente
e lo "suspence" ci fu davvero
attenti al gorilla !
dirò soltanto che sul più bello
dello spiacevole e cupo dramma
piangeva il giudice come un vitello
negli intervalli gridava mamma
gridava mamma come quel tale
cui il giorno prima come ad un pollo
con una sentenza un po´ originale
aveva fatto tagliare il collo.
attenti al gorilla !
IL GORILLA
(F.De André - G.Brassens)
RE
Sulla piazza di una città
LA7
la gente guardava con ammirazione
un gorilla portato là
RE
dagli zingari di un baraccone
con poco senso del pudore
LA7
le comari di quel rione
contemplavano l´animale
RE
non dico come non dico dove
RE LA7 RE LA7 RE
attenti al gor - i -lla !
d´improvviso la grossa gabbia
dove viveva l´animale
s´aprì di schianto non so perché
forse l´avevano chiusa male
la bestia uscendo fuori di là
disse: "quest´oggi me la levo"
parlava della verginità
di cui ancora viveva schiavo
attenti al gorilla !
il padrone si mise a urlare
"il mio gorilla fate attenzione
non ha veduto mai una scimmia,
potrebbe fare confusione"
tutti i presenti a questo punto
fuggirono in ogni direzione
anche le donne dimostrando
la differenza fra idea e azione
attenti al gorilla !
tutta la gente corre di fretta
di qua e di là con grande foga
si attardano solo una vecchietta
e un giovane giudice con la toga
visto che gli altri avevan squagliato
il quadrumane accelerò
e sulla vecchia e sul magistrato
con quattro salti si portò
attenti al gorilla !
bah, sospirò pensando la vecchia
ch´io fossi ancora desiderata
sarebbe cosa alquanto strana
e più che altro non sperata
che mi si prenda per una scimmia
pensava il giudice col fiato corto
non è possibile questo è sicuro
il seguito prova che aveva torto
attenti al gorilla !
se qualcuno di voi dovesse
costretto con le spalle al muro,
violare un giudice od una vecchia
della sua scelta sarei sicuro
ma si dà il caso che il gorilla
considerato un grandioso fusto
per chi l´ha provato però non brilla
né per lo spirito né per il gusto
attenti al gorilla !
infatti lui, sdegnata la vecchia
si dirige sul magistrato
la acchiappa forte per un´orecchia
e lo trascina in mezzo a un prato
quello che avvenne tra l´erba alta
non posso dirlo per intero
ma lo spettacolo fu avvincente
e la "suspance" ci fu davvero
attenti al gorilla !
dirò soltanto che sul più bello
dell´incredibile e cupo dramma
piangeva il giudice come un vitello
negli intervalli gridava mamma
gridava mamma come quel tale
cui il giorno prima come ad un pollo
con una sentenza un po´ originale
aveva fatto tagliare il collo.
RE LA7 SOL LA7 RE
attenti al gor - i -lla !
LA BALLATA DELL´EROE
Era partito per fare la guerra
per dare il suo aiuto alla sua terra
gli avevano dato le mostrine e le stelle
e il consiglio di vender cara la pelle
e quando gli dissero di andare avanti
troppo lontano si spinsero a cercare la verità
ora che è morto la patria si gloria
d´un altro eroe alla memoria
era partito per fare la guerra
per dare il suo aiuto alla sua terra
gli avevano dato le mostrine e le stelle
e il consiglio di vender cara la pelle
ma lei che lo amava aspettava il ritorno
d´un soldato vivo, d´un eroe morto che ne farà
se accanto nel letto le è rimasta la gloria
d´una medaglia alla memoria.
S´I´ FOSSE FOCO
(da un sonetto di Cecco Angiolieri)
S´ì fosse foco, arderei ´l mondo;
s´ì fosse vento, lo tempesterei;
s´ì fosse acqua; ì´ l´annegherei;
s´ì fosse Dio, mandereil´en profondo
s´ì fosse papa, sarè allor giocondo,
che tutt´i cristiani imbrigherei;
s´ì fosse ´mperator, sa che farei?
a tutti mozzerei lo capo a tondo
s´ì fosse morte, andarei da mio padre;
s´ì fosse vita, fuggirei da lui:
similmente faria da mi´madre
s´ì fosse Cecco, come sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre :
e vecchie e laide lassarei altrui.
AMORE CHE VIENI, AMORE CHE VAI
Quei giorni perduti a rincorrere il vento
a chiederci un bacio e volerne altri cento
un giorno qualunque li ricorderai
amore che fuggi da me tornerai
un giorno qualunque ti ricorderai
amore che fuggi da me tornerai
e tu che con gli occhi di un altro colore
mi dici le stesse parole d´amore
fra un mese fra un anno scordate le avrai
amore che vieni da me fuggirai
fra un mese fra un anno scordate le avrai
amore che vieni da me fuggirai
venuto dal sole o da spiagge gelate
venuto in novembre o col vento d´estate
io t´ho amato sempre, non t´ho amato mai
amore che vieni, amore che vai
io t´ho amato sempre, non t´ho amato mai
amore che vieni, amore che vai
LA GUERRA DI PIERO
Dormi sepolto in un campo di grano
non è la rosa non è il tulipano
che ti fan veglia dall´ombra dei fossi
ma son mille papaveri rossi
lungo le sponde del mio torrente
voglio che scendano i lucci argentati
non più i cadaveri dei soldati
portati in braccio dalla corrente
così dicevi ed era inverno
e come gli altri verso l´inferno
te ne vai triste come chi deve
il vento ti sputa in faccia la neve
fermati Piero, fermati adesso
lascia che il vento ti passi un po´ addosso
dei morti in battaglia ti porti la voce
chi diede la vita ebbe in cambio una croce
ma tu non lo udisti e il tempo passava
con le stagioni a passo di giava
ed arrivasti a varcar la frontiera
in un bel giorno di primavera
e mentre marciavi con l´anima in spalle
vedesti un uomo in fondo alla valle
che aveva il tuo stesso identico umore
ma la divisa di un altro colore
sparagli Piero, sparagli ora
e dopo un colpo sparagli ancora
fino a che tu non lo vedrai esangue
cadere in terra a coprire il suo sangue
e se gli sparo in fronte o nel cuore
soltanto il tempo avrà per morire
ma il tempo a me resterà per vedere
vedere gli occhi di un uomo che muore
e mentre gli usi questa premura
quello si volta, ti vede e ha paura
ed imbraccia l´artiglieria
non ti ricambia la cortesia
cadesti in terra senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che il tempo non ti sarebbe bastato
a chiedere perdono per ogni peccato
cadesti interra senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che la tua vita finiva quel giorno
e non ci sarebbe stato un ritorno
Ninetta mia crepare di maggio
ci vuole tanto troppo coraggio
Ninetta bella dritto all´inferno
avrei preferito andarci in inverno
e mentre il grano ti stava a sentire
dentro alle mani stringevi un fucile
dentro alla bocca stringevi parole
troppo gelate per sciogliersi al sole
dormi sepolto in un campo di grano
non è la rosa non è il tulipano
che ti fan veglia dall´ombra dei fossi
ma sono mille papaveri rossi.
IL TESTAMENTO
Quando la morte mi chiamerà
forse qualcuno protesterà
dopo aver letto nel testamento
quel che gli lascio in eredità
non maleditemi non serve a niente
tanto all´inferno ci sarò già
ai protettori delle battone
lascio un impiego da ragioniere
perché provetti nel loro mestiere
rendano edotta la popolazione
ad ogni fine di settimana
sopra la rendita di una puttana
ad ogni fine di settimana
sopra la rendita di una puttana
voglio lasciare a Bianca Maria
che se ne frega della decenza
un attestato di benemerenza
che al matrimonio le spiani la via
con tanti auguri per chi c´è caduto
di conservarsi felice e cornuto
con tanti auguri per chi c´è caduto
di conservarsi felice e cornuto
sorella morte lasciami il tempo
di terminare il mio testamento
lasciami il tempo di salutare
di riverire di ringraziare
tutti gli artefici del girotondo
intorno al letto di un moribondo
signor becchino mi ascolti un poco
il suo lavoro a tutti non piace
non lo consideran tanto un bel gioco
coprir di terra chi riposa in pace
ed è per questo che io mi onoro
nel consegnarle la vanga d´oro
ed è per questo che io mi onoro
nel consegnarle la vanga d´oro
per quella candida vecchia contessa
che non si muove più dal mio letto
per estirparmi l´insana promessa
di riservarle i miei numeri al lotto
non vedo l´ora di andar fra i dannati
per rivelarglieli tutti sbagliati
non vedo l´ora di andar fra i dannati
per rivelarglieli tutti sbagliati
quando la morte mi chiederà
di restituirle la libertà
forse una lacrima forse una sola
sulla mia tomba si spenderà
forse un sorriso forse uno solo
dal mio ricordo germoglierà
se dalla carne mia già corrosa
dove il mio cuore ha battuto un tempo
dovesse nascere un giorno una rosa
la do alla donna che mi offrì il suo pianto
per ogni palpito del suo cuore
le rendo un petalo rosso d´amore
per ogni palpito del suo cuore
le rendo un petalo rosso d´amore
a te che fosti la più contesa
la cortigiana che non si dà a tutti
ed ora all´angolo di quella chiesa
offri le immagini ai belli ed ai brutti
lascio le note di questa canzone
canto il dolore della tua illusione
a te che sei costretta per tirare avanti
costretta a vendere Cristo e i santi
quando la morte mi chiamerà
nessuno al mondo si accorgerà
che un uomo è morto senza parlare
senza sapere la verità
che un uomo è morto senza pregare
fuggendo il peso della pietà
cari fratelli dell´altra sponda
cantammo in coro già sulla terra
amammo tutti l´identica donna
partimmo in mille per la stessa guerra
questo ricordo non vi consoli
quando si muore si muore si muore soli
questo ricordo non vi consoli
quando si muore si muore soli.
NELL´ACQUA DELLA CHIARA FONTANA
(grazie a E. Noseda x il testo completo)
Nell´acqua della chiara fontana
lei tutta nuda si bagnava
quando un soffio di tramontana
le sue vesti in cielo portava
Dal folto dei capelli mi chiese
per rivestirla di cercare
i rami di cento mimose
e ramo con ramo intrecciare
Volli coprire le sue spalle
tutte di petali di rosa
ma il suo seno era così minuto
che fu sufficiente una rosa
Cercai ancora nella vigna
perché a metà non fosse spoglia
ma i suoi fianchi eran così minuti
che fu sufficiente una foglia
le braccia lei mi tese allora
per ringraziarmi un po´ stupita
io la presi con tanto ardore
che fu nuovamente svestita
Il gioco divertì la graziosa
che molto spesso alla fontana
ritornò pregando Dio
in un soffio di tramontana
LA BALLATA DEL MICHE´
Quando hanno aperto la cella
era già tardi perché
con una corda al collo
freddo pendeva Michè
tutte le volte che un gallo
sento cantar penserò
a quella notte in prigione
quando Michè s´impiccò
stanotte Michè
s´è impiccato a un chiodo perché
non voleva restare vent´anni in prigione
lontano da te
nel buio Michè se n´è andato sapendo che a te
non poteva mai dire che aveva ammazzato
soltanto per te
io so che Michè
ha voluto morire perché
ti restasse il ricordo del bene profondo
che aveva per te
vent´anni gli avevano dato
la corte decise così
perché un giorno aveva ammazzato
chi voleva rubargli Marì
l´avevan perciò condannato
vent´anni in prigione a marcir
però adesso che lui s´è impiccato
la porta gli devono aprir
se pure Michè
non ti ha scritto spiegando perché
se n´è andato dal mondo tu sai che l´ha fatto
soltanto per te
domani alle tre
nella fossa comune sarà
senza il prete e la messa perché d´un suicida
non hanno pietà
domani Michè
nella terra bagnata sarà
e qualcuno una croce col nome la data
su lui pianterà
e qualcuno una croce col nome e la data
su lui pianterà
IL RE FA RULLARE I TAMBURI
(canzone popolare francese del XIV° secolo)
Il re fa rullare i tamburi
Il re fa rullare i tamburi
vuol sceglier fra le dame
un nuovo e fresco amore
ed è la prima che ha veduto
che gli ha rapito il cuore
marchese la conosci tu
marchese la conosci tu
chi è quella graziosa ?
ed il marchese disse al re
" maestà è la mia sposa "
tu sei più felice di me
tu sei più felice di me
d´aver dama si bella
signora si compita
se tu vorrai cederla a me
sarà la favorita
signore se non foste il re
signore se non foste il re
v´intimerei prudenza
ma siete il sire siete il re
vi devo l´obbedienza
marchese vedrai passerà
marchese vedrai passerà
d´amor la sofferenza
io ti farò nelle mie armate
maresciallo di Francia"
"addio per sempre mia gioia "
"addio per sempre mia bella "
"addio dolce amore"
"devi lasciarmi per il re"
"ed io ti lascio il cuore"
la regina ha raccolto dei fiori
la regina ha raccolto dei fiori
celando la sua offesa
ed il profumo di quei fiori
uccise la marchesa.
Testi LA BUONA NOVELLA (1970)
L´INFANZIA DI MARIA
Coro:
Laudate dominum
Laudate dominum
Laudate dominum
Voce:
Forse fu all´ora terza forse alla nona
cucito qualche giglio sul vestitino alla buona
forse fu per bisogno o peggio per buon esempio
presero i tuoi tre anni e li portarono al tempio
presero i tuoi tre anni e li portarono al tempio.
Non fu più il seno di Anna fra le mura discrete
a consolare il pianto a calmarti la sete
dicono fosse un angelo a raccontarti le ore
a misurarti il tempo fra cibo e Signore
a misurarti il tempo fra cibo e Signore.
Coro:
Scioglie la neve al sole ritorna l´acqua al mare
il vento e la stagione ritornano a giocare
ma non per te bambina che nel tempio resti china
ma non per te bambina che nel tempio resti china.
Voce:
E quando i sacerdoti ti rifiutarono alloggio
avevi dodici anni e nessuna colpa addosso
ma per i sacerdoti fu colpa il tuo maggio
la tua verginità che si tingeva di rosso
la tua verginità che si tingeva di rosso.
E si vuol dar marito a chi non lo voleva
si batte la campagna si fruga la via
popolo senza moglie uomini d´ogni leva
del corpo d´una vergine si fa lotteria
del corpo d´una vergine si fa lotteria.
Coro:
Sciogli i capelli e guarda già vengono...
Guardala guardala scioglie i capelli
sono più lunghi dei nostri mantelli
guarda la pelle viene la nebbia
risplende il sole come la neve
guarda le mani guardale il viso
sembra venuta dal paradiso
guarda le forme la proporzione
sembra venuta per tentazione.
Guardala guardala scioglie i capelli
sono più lunghi dei nostri mantelli
guarda le mani guardale il viso
sembra venuta dal paradiso
guardale gli occhi guarda i capelli
guarda le mani guardale il collo
guarda la carne guarda il suo viso
guarda i capelli del paradiso
guarda la carne guardale il collo
sembra venuta dal suo sorriso
guardale gli occhi guarda la neve guarda la carne del paradiso.
Voce:
E fosti tu Giuseppe un reduce del passato
falegname per forza padre per professione
a vederti assegnata da un destino sgarbato
una figlia di più senza alcuna ragione
una bimba su cui non avevi intenzione.
E mentre te ne vai stanco d´essere stanco
la bambina per mano la tristezza di fianco
pensi "Quei sacerdoti la diedero in sposa
a dita troppo secche per chiudersi su una rosa
a un cuore troppo vecchio che ormai si riposa".
Secondo l´ordine ricevuto Giuseppe portò la bambina nella propria casa
e subito se ne partì per dei lavori che lo attendevano fuori dalla Giudea.
Rimase lontano quattro anni.
IL RITORNO DI GIUSEPPE
Stelle, già dal tramonto,
si contendono il cielo a frotte,
luci meticolose
nell´insegnarti la notte.
Un asino dai passi uguali,
compagno del tuo ritorno,
scandisce la distanza
lungo il morire del giorno.
Ai tuoi occhi, il deserto,
una distesa di segatura,
minuscoli frammenti
della fatica della natura.
Gli uomini della sabbia
hanno profili da assassini,
rinchiusi nei silenzi
d´una prigione senza confini.
Odore di Gerusalemme,
la tua mano accarezza il disegno
d´una bambola magra,
intagliata del legno.
"La vestirai, Maria,
ritornerai a quei giochi
lasciati quando i tuoi anni
erano così pochi."
E lei volò fra le tue braccia
come una rondine,
e le sue dita come lacrime,
dal tuo ciglio alla gola,
suggerivano al viso,
una volta ignorato,
la tenerezza d´un sorriso,
un affetto quasi implortato.
E lo stupore nei tuoi occhi
salì dalle tue mani
che vuote intorno alle sue spalle,
si colmarono ai fianchi
della forma precisa
d´una vita recente,
di quel segreto che si svela
quando lievita il ventre.
E a te, che cercavi il motivo
d´un inganno inespresso dal volto,
lei propose l´inquieto ricordo
fra i resti d´un sogno raccolto.
IL SOGNO DI MARIA
"Nel Grembo umido, scuro del tempio,
l´ombra era fredda, gonfia d´incenso;
l´angelo scese, come ogni sera,
ad insegnarmi una nuova preghiera:
poi, d´improvviso, mi sciolse le mani
e le mie braccia divennero ali,
quando mi chiese - Conosci l´estate -
io, per un giorno, per un momento,
corsi a vedere il colore del vento.
Volammo davvero sopra le case,
oltre i cancelli, gli orti, le strade,
poi scivolammo tra valli fiorite
dove all´ulivo si abbraccia la vite.
Scendemmo là, dove il giorno si perde
a cercarsi da solo nascosto tra il verde,
e lui parlò come quando si prega,
ed alla fine d´ogni preghiera
contava una vertebra della mia schiena.
(... e l´ angelo disse: "Non
temere, Maria, infatti hai
trovato grazia presso il
Signore e per opera Sua
concepirai un figlio...)
Le ombre lunghe dei sacerdoti
costrinsero il sogno in un cerchio di voci.
Con le ali di prima pensai di scappare
ma il braccio era nudo e non seppe volare:
poi vidi l´angelo mutarsi in cometa
e i volti severi divennero pietra,
le loro braccia profili di rami,
nei gesti immobili d´un altra vita,
foglie le mani, spine le dita.
Voci di strada, rumori di gente,
mi rubarono al sogno per ridarmi al presente.
Sbiadì l´immagine, stinse il colore,
ma l´eco lontana di brevi parole
ripeteva d´un angelo la strana preghiera
dove forse era sogno ma sonno non era
- Lo chiameranno figlio di Dio -
Parole confuse nella mia mente,
svanite in un sogno, ma impresse nel ventre."
E la parola ormai sfinita
si sciolse in pianto,
ma la paura dalle labbra
si raccolse negli occhi
semichiusi nel gesto
d´una quiete apparente
che si consuma nell´attesa
d´uno sguardo indulgente.
E tu, piano, posati le dita
all´orlo della sua fronte:
i vecchi quando accarezzano
hanno il timore di far troppo forte.
AVE MARIA
E te ne vai, Maria, fra l´altra gente
che si raccoglie intorno al tuo passare,
siepe di sguardi che non fanno male
nella stagione di essere madre.
Sai che fra un´ora forse piangerai
poi la tua mano nasconderà un sorriso:
gioia e dolore hanno il confine incerto
nella stagione che illumina il viso.
Ave Maria, adesso che sei donna,
ave alle donne come te, Maria,
femmine un giorno per un nuovo amore
povero o ricco, umile o Messia.
Femmine un giorno e poi madri per sempre
nella stagione che stagioni non sente.
MARIA NELLA BOTTEGA D´UN FALEGNAME
Maria:
"Falegname col martello
perché fai den den?
Con la pialla su quel legno
perché fai fren fren?
Costruisci le stampelle
per chi in guerra andò?
Dalla Nubia sulle mani
a casa ritornò?"
Il falegname:
"Mio martello non colpisce,
pialla mia non taglia
per foggiare gambe nuove
a chi le offrì in battaglia,
ma tre croci, due per chi
disertò per rubare,
la più grande per chi guerra
insegnò a disertare".
La gente:
"Alle tempie addormentate
di questa città
pulsa il cuore di un martello,
quando smetterà?
Falegname, su quel legno,
quanti corpi ormai,
quanto ancora con la pialla
lo assottiglierai?"
Maria:
"Alle piaghe, alle ferite
che sul legno fai,
falegname su quei tagli
manca il sangue, ormai,
perché spieghino da soli,
con le loro voci,
quali volti sbiancheranno
sopra le tue croci".
Il falegname:
"Questi ceppi che han portato
perché il mio sudore
li trasformi nell´immagine
di tre dolori,
vedran lacrime di Dimaco
e di Tito al ciglio
il più grande che tu guardi
abbraccerà tuo figlio".
La gente:
"Dalla strada alla montagna
sale il tuo den den
ogni valle di Giordania
impara il tuo fren fren;
qualche gruppo di dolore
muove il passo inquieto,
altri aspettan di far bere
a quelle seti aceto".
VIA DELLA CROCE
"Poterti smembrare coi denti e le mani,
sapere i tuoi occhi bevuti dai cani,
di morire in croce puoi essere grato
a un brav´uomo di nome Pilato."
Ben più della morte che oggi ti vuole,
t´uccide il veleno di queste parole:
le voci dei padri di quei neonati,
da Erode per te trucidati.
Nel lugubre scherno degli abiti nuovi
misurano a gocce il dolore che provi;
trent´anni hanno atteso col fegato in mano,
i rantoli d´un ciarlatano.
Si muovono curve le vedove in testa,
per loro non è un pomeriggio di festa;
si serran le vesti sugli occhi e sul cuore
ma filtra dai veli il dolore:
fedeli umiliate da un credo inumano
che le volle schiave già prima di Abramo,
con riconoscenza ora soffron la pena
di chi perdonò a Maddalena,
di chi con un gesto soltanto fraterno
una nuova indulgenza insegnò al Padreterno,
e guardano in alto, trafitti dal sole,
gli spasimi d´un redentore.
Confusi alla folla ti seguono muti,
sgomenti al pensiero che tu li saluti:
"A redimere il mondo" gli serve pensare,
il tuo sangue può certo bastare.
La semineranno per mare e per terra
tra boschi e città la tua buona novella,
ma questo domani, con fede migliore,
stasera è più forte il terrore.
Nessuno di loro ti grida un addio
per esser scoperto cugino di Dio:
gli apostoli han chiuso le gole alla voce,
fratello che sanguini in croce.
Han volti distesi, già inclini al perdono,
ormai che han veduto il tuo sangue di uomo
fregiarti le membra di rivoli viola,
incapace di nuocere ancora.
Il potere vestito d´umana sembianza,
ormai ti considera morto abbastanza
e già volge lo sguardo a spiar le intenzioni
degli umili, degli straccioni.
Ma gli occhi dei poveri piangono altrove,
non sono venuti a esibire un dolore
che alla via della croce ha proibito l´ingresso
a chi ti ama come se stesso.
Sono pallidi al volto, scavati al torace,
non hanno la faccia di chi si compiace
dei gesti che ormai ti propone il dolore,
eppure hanno un posto d´onore.
Non hanno negli occhi scintille di pena.
Non sono stupiti a vederti la schiena
piegata dal legno che a stento trascini,
eppure ti stanno vicini.
Perdonali se non ti lasciano solo,
se sanno morir sulla croce anche loro,
a piangerli sotto non han che le madri,
in fondo, son solo due ladri.
TRE MADRI
Madre di Tito:
"Tito, non sei figlio di Dio,
ma c´è chi muore nel dirti addio".
Madre di Dimaco:
"Dimaco, ignori chi fu tuo padre,
ma più di te muore tua madre".
Le due madri:
"Con troppe lacrime piangi, Maria,
solo l´immagine d´un´agonia:
sai che alla vita, nel terzo giorno,
il figlio tuo farà ritorno:
lascia noi piangere, un po´ più forte,
chi non risorgerà più dalla morte".
Madre di Gesù:
"Piango di lui ciò che mi è tolto,
le braccia magre, la fronte, il volto,
ogni sua vita che vive ancora,
che vedo spegnersi ora per ora.
Figlio nel sangue, figlio nel cuore,
e chi ti chiama - Nostro Signore -,
nella fatica del tuo sorriso
cerca un ritaglio di Paradiso.
Per me sei figlio, vita morente,
ti portò cieco questo mio ventre,
come nel grembo, e adesso in croce,
ti chiama amore questa mia voce.
Non fossi stato figlio di Dio
t´avrei ancora per figlio mio".
IL TESTAMENTO DI TITO
Tito:
"Non avrai altro Dio all´infuori di me,
spesso mi ha fatto pensare:
genti diverse venute dall´est
dicevan che in fondo era uguale.
Credevano a un altro diverso da te
e non mi hanno fatto del male.
Credevano a un altro diverso da te
e non mi hanno fatto del male.
Non nominare il nome di Dio,
non nominarlo invano.
Con un coltello piantato nel fianco
gridai la mia pena e il suo nome:
ma forse era stanco, forse troppo occupato,
e non ascoltò il mio dolore.
Ma forse era stanco, forse troppo lontano,
davvero lo nominai invano.
Onora il padre, onora la madre
e onora anche il loro bastone,
bacia la mano che ruppe il tuo naso
perché le chiedevi un boccone:
quando a mio padre si fermò il cuore
non ho provato dolore.
Quanto a mio padre si fermò il cuore
non ho provato dolore.
Ricorda di santificare le feste.
Facile per noi ladroni
entrare nei templi che riguargitan salmi
di schiavi e dei loro padroni
senza finire legati agli altari
sgozzati come animali.
Senza finire legati agli altari
sgozzati come animali.
Il quinto dice non devi rubare
e forse io l´ho rispettato
vuotando, in silenzio, le tasche già gonfie
di quelli che avevan rubato:
ma io, senza legge, rubai in nome mio,
quegli altri nel nome di Dio.
Ma io, senza legge, rubai in nome mio,
quegli altri nel nome di Dio.
Non commettere atti che non siano puri
cioè non disperdere il seme.
Feconda una donna ogni volta che l´ami
così sarai uomo di fede:
Poi la voglia svanisce e il figlio rimane
e tanti ne uccide la fame.
Io, forse, ho confuso il piacere e l´amore:
ma non ho creato dolore.
Il settimo dice non ammazzare
se del cielo vuoi essere degno.
Guardatela oggi, questa legge di Dio,
tre volte inchiodata nel legno:
guardate la fine di quel nazzareno
e un ladro non muore di meno.
Guardate la fine di quel nazzareno
e un ladro non muore di meno.
Non dire falsa testimonianza
e aiutali a uccidere un uomo.
Lo sanno a memoria il diritto divino,
e scordano sempre il perdono:
ho spergiurato su Dio e sul mio onore
e no, non ne provo dolore.
Ho spergiurato su Dio e sul mio onore
e no, non ne provo dolore.
Non desiderare la roba degli altri
non desiderarne la sposa.
Ditelo a quelli, chiedetelo ai pochi
che hanno una donna e qualcosa:
nei letti degli altri già caldi d´amore
non ho provato dolore.
L´invidia di ieri non è già finita:
stasera vi invidio la vita.
Ma adesso che viene la sera ed il buio
mi toglie il dolore dagli occhi
e scivola il sole al di là delle dune
a violentare altre notti:
io nel vedere quest´uomo che muore,
madre, io provo dolore.
Nella pietà che non cede al rancore,
madre, ho imparato l´amore".
LAUDATE HOMINEM (spartito in fondo alla canzone)
Laudate dominum
Laudate dominum
Gli umili, gli straccioni:
"Il potere che cercava
il nostro umore
mentre uccideva
nel nome d´un dio,
nel nome d´un dio
uccideva un uomo:
nel nome di quel dio
si assolse.
Poi, poi chiamò dio
poi chiamo dio
poi chiamò dio quell´uomo
e nel suo nome
nuovo nome
altri uomini,
altri, altri uomini
uccise ".
Non voglio pensarti figlio di Dio
ma figlio dell´uomo, fratello anche mio.
Laudate dominum
Laudate dominum
Ancora una volta
abbracciamo
la fede
che insegna ad avere
ad avere il diritto
al perdono, perdono
sul male commesso
nel nome d´un dio
che il male non volle, il male non volle,
finché
restò uomo
uomo.
Non posso pensarti figlio di Dio
ma figlio dell´uomo, fratello anche mio.
Qualcuno
qualcuno
tentò di imitarlo
se non ci riuscì
fu scusato
anche lui
perdonato
perché non s´imita
imita un dio,
un dio va temuto e lodato
lodato...
Laudate hominem
No, non devo pensarti figlio di Dio
ma figlio dell´uomo, fratello anche mio.
Ma figlio dell´uomo, fratello anche mio.
Laudate hominem.
LAUDATE HOMINEM - spartito
Mi- Mi-7 Do7maj Si7 La Mi Mi- Mi-7 Do7maj Si7 La Mi
Laudate Dominum Laudate Dominum
Mi- Mi-7 Do7maj
Gli umili, gli straccioni: Il potere che cercava il nostro umore
Si Mi- Mi-7 Do7maj
mentre uccideva nel nome d´un dio, nel nome d´un dio uccideva un uomo:
Si La Mi- Mi-7 Do7maj Si
nel nome di quel dio si assolse poi, poi chiamo´ dio, poi chiamo´ dio, poi chiamo dio quell´uomo
La Mi- Mi-7 Do7maj Si5 Si
e nel suo nome, nuovo nome, altri uomini, altri uomini uccise.
Mi- Mi-7 Do7maj Si7 Mi- Mi-7 Do7maj Si7 Mi-
Non voglio pensarti figlio Dio ma figlio dell´Uomo, fratello anche mio.
Laudate Dominum Laudate Dominum
Ancora una volta abbracciammo la fede che insegna ad avere, ad avere il diritto
al perdono sul male commesso nel nome d´un dio che il male non volle, il male non volle,
finche´ restò uomo.
Non posso pensarti figlio di Dio ma figlio dell´Uomo, fratello anche mio.
Laudate Dominum Laudate Dominum
Qualcuno, qualcuno tentò di imitarlo; se non ci riuscì fu scusato,
anche lui perdonato perché non si imita, non si imita un dio,
un dio va temuto e lodato, lodato...
No, non devo pensarti figlio di Dio ma figlio dell´Uomo, fratello anche mio.
Laudate Hominem
http://it.wikipedia.org/wiki/Fabrizio_De_Andr%C3%A9
http://www.ondarock.it/italia/fabriziodeandre.htm
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