Il Favoloso Mondo di Amaury
di Fabio Pigato
Se Abracadabra fosse una favola, sarebbe sicuramente una favola nera, di quelle che infiammano la fantasia di Tim Burton. Un paesaggio notturno, fatto di ombre e spettri, che però illuminati dalla luce della luna, ti mostrano il loro cuore. Avrei voluto mantenere un maggiore distacco, ma non ci sono riuscito. Abracadabra mi è piaciuto moltissimo e lo ascolto da mesi, lo considero uno dei dischi più interessanti di questo Meglio mettere subito le carte in tavola, confessando la mia ammirazione per gli Ulan Bator, che riescono ad essere innovativi, mantenendo intatto il loro stile. Quella che segue è l’intervista ad un Amaury Cambuzat in gran forma e ben disposto a conversare, prima del concerto al C.S.C. del 29 Ottobre 2016 Vai all’evento!
Ciao Amaury, come è nato Abracadabra?
AC: Stavo lavorando ad un nuovo disco, ma il risultato non era soddisfacente. Alcuni brani mi piacevano, altri invece erano lontani dal mio modo di essere, non mi rappresentavano.
Non faccio musica per i soldi, quindi mi sono detto che avrei dovuto lavorare a qualcosa di diverso ed ho iniziato a lavorare ad Abracadabra.
Mi Piace molto la grafica che hai usato.
AC: Per quanto riguarda la foto e la grafica, mi sono avvalso della collaborazione di Julien Perrin e Ursula Michel, l’immagine del cuore che vedi non è stata modificata con photoshop, anche nel retro le parole sono state scritte sulle mani, per risultare più reali. Il tutto crea un’atmosfera magica, penso che la musica sia magia e volevo trasmetterlo.
Anche se la mia conoscenza della lingua francese non è approfondita, mi sembra di capire che Abracadabra potrebbe essere considerato un concept, il viaggio di una persona che deve perdersi, prima di ritrovare se stesso. In particolar modo mi ha colpito il brano Radiant Utopia, in cui dici: “Faudra-t-il tout abandonner? Pour
retrouver…”
AC: Si, Abracadabra può essere inteso come un concept, Radiant Utopia parla proprio di abbandonare tutte le certezze, a volte bisogna perdere, lasciare anche le cose materiali, per poi raggiungere qualcosa di più puro che ti faccia stare bene, fisicamente e mentalmente.
Quando i sogni finiscono si costruisce un mondo nuovo. Tu hai recepito il messaggio del brano e questa è la potenza della musica che amo. Mettendo amore in quello che si fa ed esprimendosi con un linguaggio essenziale, i messaggi arrivano alle persone. Riascoltando i dischi di quando ero ragazzo, ora che parlo bene l’inglese, mi sono reso conto che avevo compreso quei testi, ancor prima di imparare la lingua in cui erano scritti.
Quando compro un disco non mi fermo mai al primo ascolto, cerco sempre di approfondire e questo mi permette di recepire strutture ed emozioni che altrimenti andrebbero perdute.
Gli Ulan Bator già nel 1999 pubblicarono un album di remix, tu che rapporto hai con l’elettronica, ti aiuta nella composizione?
AC: La uso ed è molto presente anche in Abracadabra. Di primo impatto chi ascolta potrebbe sentire un’influenza alla Neil Young, mentre in ogni brano ci sono integrati dei suoni di elettronica e volevo che fosse così. Adesso ho iniziato a registrare il nuovo album degli Ulan Bator e darò maggiorente spazio alle tastiere e ai synth vintage, sempre cercando di proporre qualcosa di nuovo…
Ne parliamo anche qui…
Mi riallaccio alle tue parole, tu ti sei sempre proiettato in avanti e le persone o gruppi con cui hai collaborato (Michel Gira degli Swans oppure i Faust) hanno sempre cercato suoni all’avanguardia. Pensi che ci sia ancora questa voglia di sperimentare nelle nuove band?
AC: Sappiamo benissimo che tutto è già stato fatto, ne abbiamo discusso diverse volte anche con Micheal e con i Faust, io sto ancora scoprendo degli artisti molto originali, degli anni 50, 60, 70. Diciamo che avanguardia potrebbe voler dire cercare di fare qualcosa, che non suoni esattamente come la musica che ho a casa. Creare in modo onesto, per quanto possibile, delle piccole variazioni. Nelle nuove band, non sempre vedo questo interesse.
Negli anni 80 ascoltavo molto la new wave e la no wave, ma anche gruppi come i primi Talk Talk, Psychedelic Furs e il primo disco dei Tears for Fears. Al tempo quasi nascondevo questi miei gusti, ma riascoltandoli oggi mi rendo conto di quanto fossero innovativi e dico, magari ci fossero ancora in giro gruppi così.
Sono d’accordo con te Amaury, Stockhausen diceva che purtroppo, al giorno d’oggi gli occhi sono considerati più importanti delle orecchie. Molto spesso ai concerti si percepisce che le persone sono più interessate a bere al bar, oppure escono dal locale per scambiarsi messaggi tramite smartphone, la musica viene trattata come fosse un complemento d’arredo.
AC: Trovo che la qualità musicale si sia un po’ abbassata, le nuove generazioni hanno vergogna di provare certe emozioni, la musica che viene dal cuore fa paura, viviamo in una società malata, in cui anche dire ti amo, fa paura. Quindi si crea sempre meno empatia e la buona musica viene messa da parte. Voglio però anche dire una cosa positiva, nel cinema invece questo non succede. Un film con una colonna sonora interessante, risveglia ancora
grandi emozioni e la musica conta quasi più delle immagini. Questo mi da speranza. Io cerco di legare tutto inserendo un immaginario e dei colori nei mie brani.
Oggi chi sarebbe capace di fare l’artista anche a costo della vita? Manca questo aspetto estremo nell’arte. Fare musica non vuol dire fare soldi, vuol dire essere pronti a rinunciare a tutto, pur di esprimersi. Fa parte del gioco, non ci si può lamentare, altrimenti si sceglie un altro lavoro.
Adesso si tende a suonare sempre più tardi, i bar hanno bisogno di incassare, la gente si infastidisce, tende a non rilassarsi, sanno benissimo che bevendo una birra in più si rischiano dei guai seri. Come si fa, ad esempio, a godersi un concerto di un gruppo psichedelico, senza poter entrare in connessione con quel tipo di musica?
Lo streaming permette di avere tutto a disposizione però sembra che la capacità di concentrarsi in un tipo di ascolto attivo diminuisca sempre di più.
AC: Sono poche le persone che sono ancora disposte e leggere e ad informarsi, in Italia negli ultimi vent’anni, con le reti Mediaset, si è basato tutto esclusivamente sull’apparenza.
Diventa difficile spiegare che fare il musicista non è solo avere una bella immagine. Mi è capitato anche di vivere in uno Squat e questo non ha mai intaccato la mia dignità, anzi. Un percorso di vita che entra nella mia musica. Cercando sempre di non speculare. Chiedere cifre astronomiche per i concerti danneggia tutti.
Per quanto riguarda invece certe forme di intrattenimento, non capisco perchè la gente si arrabbi per X Factor. Quel programma non toglie niente al nostro mondo, è un ambiente totalmente diverso. Manuel (Agnelli) ha fatto bene a partecipare, è una persona sensibile e si è preso dei rischi. Lui sa benissimo di avere un background diverso dalle persone con cui sta lavorando. X Factor non è per il pubblico che segue gli Afterhours ai concerti. Non avrebbe
neanche dovuto giustificarsi, avrebbe dovuto fare come avrebbe fatto Salvador Dalì. Perché no?
Parlando ancora di musica Amaury mi dice di essere amico di Lydia Lunch e che lei avrebbe dovuto partecipare ad Abracadabra, ma purtroppo non è stato possibile per i diversi impegni e tempi. Hanno quindi deciso di non forzare le cose e casomai di collaborare in futuro.
Per marzo del 2017 è prevista l’uscita del nuovo album degli Ulam Bator, lo aspettiamo con trepidazione e speriamo di rivedere presto Amaury, magari per continuare questa interessantissima conversazione.